19 febbraio 2010

Sempre più italiani, ma solo grazie agli immigrati: 60,4 milioni i residenti

ROMA - Continua a crescere la popolazione italiana (60,3 milioni i residenti), nonostante il forte calo delle nascite e l'aumento dei decessi (-17.700 il saldo naturale nel 2009). Un risultato, dunque, che continua a poggiarsi sull'arrivo di cittadini stranieri e la forte propensione alla maternità delle donne immigrate, cui si devono 94 mila nascite l'anno scorso (oltre il 16% del totale). E' quanto si ricava dal rapporto sull'andamento demografico in Italia messo a punto dall'Istat.


I NUMERI, allora. Nel corso del 2009 la popolazione italiana ha continuato a crescere raggiungendo i 60 milioni 387 mila residenti all'1 gennaio 2010, con un tasso di incremento del 5,7 per mille. La popolazione in età attiva mostra un incremento, perlopiù frutto delle migrazioni dall'estero, di circa 176 mila unità, giungendo a rappresentare il 65,8% del totale. I giovani fino a 14 anni di età aumentano di circa 53 mila unità e rappresentano il 14% del totale. Le persone di 65 anni e più risultano in aumento di 113 mila unità e sono giunte a rappresentare il 20,2% della popolazione. I cittadini stranieri sono in costante aumento e costituiscono il 7,1% del totale. La dinamica migratoria è ancora una volta determinante ai fini della crescita demografica. Il saldo migratorio netto con l'estero è pari al 6,4 per mille, mentre il saldo naturale è negativo e pari a -0,3 per mille, a causa di un aumento dei decessi in presenze di una diminuzione delle nascite rispetto al 2008.
MANO NATI, PIÙ DECESSI - L'Istat precisa come per il terzo anno consecutivo la dinamica naturale (differenza tra nascite e decessi) registra un saldo di segno negativo, in una misura, tuttavia, ben più accentuata di quella del precedente biennio: -17 mila 700 unità nel 2009, contro -8 mila 500 unità del 2008 e -6 mila 900 unità del 2007. Le nascite sono stimate pari a 570 mila unità, da cui deriva un tasso di natalità pari a 9,5 per mille residenti. Si rilevano circa 6 mila 700 nascite in meno rispetto al 2008, anche se il dato complessivo del 2009 rappresenta il secondo miglior risultato dal 1993. Al recupero delle nascite concorrono da alcuni anni due fattori: il ruolo delle donne immigrate e il mutamento del comportamento riproduttivo da parte delle donne di cittadinanza italiana. Il contributo alla natalità delle madri di cittadinanza straniera si fa sempre più importante. Si stima, infatti, che nel 2009 circa 94 mila nascite, pari al 16,5% del totale, siano attribuibili a madri straniere (erano 29 mila nel 1999, pari al 5,4%, 92 mila nel 2008 pari al 16%), di cui il 3,4% con partner italiano e il restante 13% con partner straniero.
NATALITÀ: PIU' MAMME STRANIERE - Le cittadine italiane mantengono una quota di gran lunga prevalente della natalità, oltre 476 mila nascite (-8 mila rispetto al 2008) pari all'83,5% del totale. La riduzione osservata, segnala sempre l'Istat, non può essere messa in relazione con fattori solo congiunturali come, ad esempio, la recente crisi economica. Le scelte di natalità da parte delle madri italiane concretizzatesi nel 2009 sono il frutto, per almeno i tre quarti, dei progetti intrapresi nel 2008, ossia prima o all'inizio della succitata crisi. Semmai, sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, 'il recente calo potrebbe rappresentare un primo segnale del fatto che il recupero di natalità cui si è assistito negli ultimi 10-15 anni, conseguenti allo spostamento in avanti del calendario riproduttivo delle madri italiane ben oltre l'età media dei trenta anni, stia andando progressivamente esaurendosi', si legge nel rapporto statistico. Tale processo è parallelo, peraltro, all'uscita dal periodo di vita fecondo delle generazioni baby boomers del Paese. Ad esempio, le donne della classe 1964, prima generazione baby boom in Italia, hanno compiuto 45 anni di età nel corso del 2009.
Tali dinamiche di natalità fanno sì che nel 2009 il numero medio di figli per donna (Tft) sia stimato a 1,41, di poco inferiore all'1,42 del 2008. La fecondità è dunque in una fase di assestamento. Si mantiene superiore a quella dell'epoca di minimo, tipica della metà degli anni '90, ma ancora non si muove con decisione in direzione di quello che è considerato l'obiettivo ottimale per una popolazione, ossia il livello di sostituzione delle coppie, pari a circa 2,1 figli per donna.
Nel frattempo non si arresta il fenomeno della posticipazione dell'esperienza riproduttiva verso età più elevate. Nel 2009 l'età media al parto è stimata in 31,2 anni, leggermente più elevata di quella del 2008 (31,1) e ben 1,4 anni maggiore del livello raggiunto nel 1995 (29,8).
Nel 2009 le donne italiane hanno procreato mediamente 1,33 figli ciascuna, contro i 2,05 figli per donna delle cittadine straniere. Il contributo delle donne straniere all'indice di fecondità nazionale (1,41 figli) è pertanto valutabile nella misura del 12%, in crescita di due punti percentuali sul 2008. Si tratta di un contributo inferiore rispetto alla percentuale di nati da madre straniera sul complesso delle nascite, pari al 16,5%. La ragione di ciò risiede nel fatto che le donne straniere hanno un calendario della fecondità anticipato (28,7 anni l'età media al parto) rispetto alle italiane (31,7 anni). La propensione delle donne straniere ad avere figli in età più precoci delle italiane, dove tuttavia il livello complessivo di fecondità è più basso rispetto a quello rilevabile nelle classi di età intermedie (28-35), comporta pertanto un contributo percentuale inferiore sulla fecondità complessiva.
SI VIVE DI PIÙ - La stima relativa ai decessi sfiora le 588 mila unità, per un tasso di mortalità pari al 9,8 per mille. Anche in questo caso si assisterebbe ad un dato ragguardevole, considerando che ci si troverebbe di fronte al più alto livello mai registrato dal secondo dopoguerra. Nonostante la mortalità possa essere soggetta a fenomeni di natura ambientale (come ad esempio accadde nel 2003 con ondate di freddo invernale e di calura estiva), secondo l'Istat l'eccezionalità dei decessi del 2009 e, di conseguenza, un saldo naturale così negativo come mai si era osservato in precedenza, sono il risultato del processo di invecchiamento della popolazione, per cui aumentano gli individui cui, anno dopo anno, è permesso il raggiungimento delle fasi estreme dell'esistenza e aumentano in termini assoluti i decessi. Alla base di tutto vi è quindi il prolungato miglioramento delle condizioni di sopravvivenza. Il tasso di mortalità stimato per il 2009 (9,8 per mille) è simile a quello 2008, ma la popolazione beneficia di ulteriori progressi in termini di vita media. In particolare nel 2009 la stima della speranza di vita alla nascita è pari a 78,9 anni per gli uomini e a 84,2 anni per le donne. Rispetto al 2007, ultimo valore basato su dati totalmente osservati, la crescita è di 0,2 anni per uomini e donne. Il 2009, quindi, dopo tre anni consecutivi di stasi, segnala una possibile ripartenza della crescita della sopravvivenza femminile.
Va tuttavia ricordato che nell'arco degli ultimi 30 anni gli uomini hanno parzialmente eroso lo svantaggio di sopravvivenza nei confronti delle donne. Soltanto negli ultimi cinque anni, mentre le donne hanno incrementato l'aspettativa di vita di 0,5 anni, gli uomini hanno guadagnato un anno esatto in più. La differenza tra i generi, che era pari a 6,9 anni nel 1979, ossia nell'anno in cui si rilevava il massimo vantaggio femminile, è oggi ridotta a 5,3 anni. Se si considera l'andamento della sopravvivenza negli ultimi cento anni, l'aumento dell'aspettativa di vita complessiva è dovuto alla riduzione dei rischi di morte in tutte le fasi dell'esistenza. Se si considera, invece, l'andamento recente, il miglioramento delle condizioni di sopravvivenza si concentra soprattutto nelle fasce di età anziane. All'età di 65 anni la speranza di vita residua è oggi di 18,2 anni per gli uomini e di 21,7 anni per le donne. Nel 2007 era rispettivamente pari a 17,9 e a 21,6 anni. Ciò significa che il declino recente della mortalità interessa soprattutto gli anziani, cioè coloro che in via pressoché esclusiva contribuiscono ai più recenti guadagni della speranza di vita alla nascita.
Questo processo è estremamente importante, soprattutto se visto in relazione al fatto che sempre più individui raggiungono la soglia degli 80 anni e che dopo queste età si vive sempre più a lungo. In base alle tavole di mortalità stimate per il 2009 il 50% della popolazione maschile potrebbe raggiungere gli 81 anni di vita e il 25% gli 88 anni. Le donne, potendo contare su condizioni più favorevoli, supererebbero la soglia di 86 anni nel 50% dei casi e quella di 92 anni nel 25%.