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16 dicembre 2012

C'era una volta il mattone, il bene rifugio è diventato irragiungibile

Crollano le compravendite immobiliari nel secondo trimestre 2012. Dai dati sulla statistica notarile emerge che nel secondo trimestre 2012 le compravendite di unita' immobiliari sono 167.721. Il 93,3% delle convenzioni (156.552) riguarda immobili per abitazione, il 5,9% (9.816) unita' immobiliari ad uso economico. Rispetto al secondo trimestre 2011, le compravendite di immobili ad uso residenziale diminuiscono del 23,6 e quelle di immobili ad uso economico del 24,8%. Lo rileva l'Istat.
Nel secondo trimestre del 2012 si registrano le variazioni tendenziali piu' sfavorevoli dal 2008. Nonostante il temporaneo recupero delle convenzioni di compravendite registrato nel terzo trimestre del 2011, in particolare per gli immobili ad uso economico, il trend e' sempre caratterizzato dal segno negativo. Segnano un tonfo anche i mutui, che considerati assieme a finanziamenti e ipoteche scivolano del 41,2% nello stesso periodo.
Per entrambe le tipologie di utilizzo si registra una diminuzione delle variazioni tendenziali in tutte le ripartizioni territoriali, in particolare nelle Isole (-30,3% per le compravendite ad uso residenziale e -38,4% per quelle ad uso economico). Per le compravendite ad uso residenziale il calo tendenziale registrato nei grandi centri (-21,8%) e' piu' contenuto di quella osservato nei centri minori (-25,1%).
Anche per le compravendite ad uso economico il calo tendenziale e' piu' marcato negli archivi aventi sede nelle altre citta' (-27,0%) rispetto a quello che si osserva negli archivi con sede nei grandi centri (-21,0%). Nel secondo trimestre 2012, sono 69.830 i mutui, i finanziamenti e le altre obbligazioni verso banche e soggetti diversi dalla banche, garantiti da concessione di ipoteca immobiliare. Rispetto ai 118.834 del II trimestre 2011, i mutui, finanziamenti e le altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare sperimentano una flessione tendenziale del 41,2%.
A livello ripartizionale sono le Isole (-58,3%) a registrare il calo tendenziale maggiore per i mutui, i finanziamenti e le altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare, mentre nel Centro (-36,0%) il calo tendenziale e' inferiore alla media nazionale (-41,2%). Mutui, finanziamenti ed obbligazioni garantite, registrano una diminuzione piu' contenuta negli Archivi Notarili Distrettuali con sede nelle Citta' Metropolitane (-39,1%) e maggiore.



5 dicembre 2012

"BACI": A BUENOS AIRES IL FESTIVAL DEL CINEMA ITALIANO

A partire del mercoledì 5 dicembre, e proseguirà sino a domenica 9, é la seconda edizione di "BACI. Cine italiano", il Festival regionale di cinema italiano a Buenos Aires.
Anche quest'anno BACI continua il suo viaggio per le regioni italiane con opere maestre capaci di emozionare il mondo, come "Cesare deve morire" dei fratelli Taviani, Orso d’Oro al Festival di Berlino, e "Reality" di Matteo Garrone, Gran Premio della giuria di Cannes.
La scelta dei film in rassegna nasce dall’intento di mostrare le differenti anime di una nazione esplorando, senza censure, tutti gli aspetti incluso quelli più controversi, misteriosi, e nonostante ciò senza dimenticare quelle opere che propongono una visione più surrealista ed ironica della società italiana.
La rassegna presenterà una selezione di film prodotti negli ultimi due anni, che si relazioneranno alle regioni di origine e che saranno divisi in quattro categorie: direttori consacrati, direttori emergenti, documentari e cortometraggi.
Le proiezioni si terranno al Cinema Malba, Cosmos y Multiplex Belgrano, ad esclusione di quella d'inaugurazione che domani si svolgerà al Teatro Coliseo a partire dalle ore 21.30 con la pellicola di Paolo e Vittorio Taviani "Cesare deve Morire".
BACI è organizzato da Telecom Italia in collaborazione con Luce Cinecittà e Italian Film Comissions, con il patrocinio dei Ministeri per i Beni e le Attività Culturali e degli Affari Esteri e con gli auspici dell'Istituto Italiano di Cultura/Ambasciata d'Italia a Buenos Aires.

4 dicembre 2012

Il dramma dei giovani "nullafacenti" al sud: peggio solo in... Anatolia

E' in crescita l'area della disaffezione allo studio, anche fra ragazzi senza particolari carenze affettive, relazionali o economiche: sono quasi 800 mila i giovani tra 18-24 anni dispersi, che cioe' hanno interrotto gli studi fermandosi alla terza media e non iscrivendosi neanche a corsi di formazione. In Sicilia e in Sardegna la dispersione scolastica e' 15 punti rispetto all'obiettivo europeo (pari al 10 per cento) - con 25 giovani fra 18 e 24 anni - fermi alla terza media. E' quanto emerge dall'"Atlante dell'Infanzia (a rischio)" di Save the Children presentato oggi a Roma. (vedi lanci precendenti) Altissimi i livelli di disoccupazione giovanile: 1 giovane sotto i 25 anni su 3 e' disoccupato. Molti dei quali con laurea: la crescita maggiore della disoccupazione giovanile, pari a quasi il 21 per cento, si e' avuta infatti tra i laureati. La crescita piu' alta d'Europa. Nello stesso periodo in Germania la disoccupazione giovanile e' scesa in totale del -4,1per cento e non ha inciso tra i laureati.
 Disoccupati oppure scoraggiati: l'Italia detiene il record della cosiddetta Potential additional labour force fatta da quei giovani di 15-24 anni che, pur dichiarandosi intenzionati, rinunciano a cercare un lavoro. Gli scoraggiati italiani sono 562 mila, il 34per cento della popolazione attiva in quella fascia d'eta', quattro volte la media europea (7,8 per cento). Un cocktail davvero preoccupante di sfiducia nello studio e totale immobilismo e' quello rappresentato dai Neet (Not in Employement, Education or Training). Sono oltre 1 milione 620 mila soltanto al Sud e nelle isole. Hanno 18 - 24 anni, non sono iscritti a scuola, ne' all'universita', ne' lavorano, ne' sono in formazione. I tassi di Neet nel Mezzogiorno sono inferiori soltanto a quelli rilevati in alcune regioni remote dell'Anatolia. E nel Mezzogiorno si concentra la gran parte dei 314.000 "disconnessi culturali", bambini e adolescenti da 6 a 17 anni che negli ultimi 12 mesi non sono mai andati a cinema, non hanno aperto un libro, ne' un pc ne' Internet, ne' fatto uno sport.
 Inizia prestissimo l'erosione dell'"indice di futuro" dei minori italiani: insieme alla loro cameretta i 560 mila neo-nati quest'anno si ritrovano in eredita' un'ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa (il piu' alto d'Europa). A questo si somma la poverta' che cresce anziche' arretrare fra la popolazione under 18: 7 minori ogni 100 in Italia, pari a 720 mila, vivono in poverta' assoluta, cioe' privi di beni e servizi che assicurino loro un livello di vita accettabile. 417.000 nel solo Sud, con un aumento rispetto al 2010 di 75 mila piccoli grandi poveri, l'equivalente dell'intera popolazione infantile di Taranto e Messina.
D'altra parte quanto possono 25 euro pro-capite all'anno in servizi per l'infanzia e famiglie? A tanto ammonta la spesa pro-capite da parte dei comuni per famiglie e minori in regioni come la Calabria, oltre 8 volte in meno rispetto all' Emilia Romagna (282 euro annui). Con uno sbilanciamento nell'offerta di servizi cruciali come gli asili nido: in Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Molise e' compreso fra 2 e 5,5 il numero di bambini (ogni 100 da 0 a 2 anni) in carico agli asili nido pubblici o ad altri servizi integrativi, a fronte dei 27-29 in Valle d'Aosta, Umbria, Emilia Romagna.


28 novembre 2012

Basta a figli e figliastri, Camera approva nuova legge

I figli nati dal matrimonio, oggi circa 120mila all'anno, sono in tutto e per tutto equiparati con quelli naturali e quelli adottati. E' quanto prevede la proposta di legge definitivamente approvata dall'Aula della Camera con 366 voti a favore, 31 contrari e 58 astensioni. Il testo e' passato malgrado la contrarieta' dell'Udc condivisa anche da diversi deputati del Pdl, sulla norma che estende la possibilita' del riconoscimento anche ai figli nati da un incesto, di cui i centristi avevano chiesto, senza risultato, lo stralcio. La norma, inserita al Senato, e' rimasta anche per evitare di far tornare il testo al Senato con il rischio di non farlo definitivamente approvare prima della fine della legislatura. La tesi dei deputati dell'Udc, che hanno visto bocciare a scrutinio segreto un loro emendamento soppressivo, era che non si può dare piena facoltà di riconoscimento del figlio nato da incesto.
Bene se a chiedere il riconoscimento è il figlio, ma questa facoltà non può essere data al genitore 'stupratore', sarebbe un riconoscimento indiretto dello stupro, un alleggerimento della posizione di chi ha esercitato violenza. ''Si sdogana l'incesto'', sostiene Paola Binetti. Ma alla fine e' prevalsa la tesi opposta, difesa dalla relatrice Alessandra Mussolini: ''come si può impedire ad una madre stuprata di riconoscere il proprio figlio?''. Il testo piace agli ex ministri per le Pari opportunita' dei governi Berlusconi e Prodi. Di ''grande prova di civilta''' parla Mara Carfagna, mentre per Livia Turco ''il Parlamento ha votato una legge di umanita' e civilta'''; l'''unico atto per il quale sara' ricordata questa legislatura'', dice la radicale Donatella Poretti. ''Ora tutti i bambini saranno uguali'', sottolinea Benedetto Della Vedova di Fli, mentre Anita Di Giuseppe dell'Idv definisce il testo ''Un passo fondamentale per l'Italia''

19 luglio 2012

Napolitano: "Evitare confusioni, verita' su Borsellino"

Bisogna "scongiurare sovrapposizioni nelle indagini, difetti di collaborazione tra le autorità ad esse preposte, pubblicità improprie e generatrici di confusione. Su ciò deve vegliare tra gli altri il Presidente della Repubblica, cui spetta presiedere il Consiglio Superiore della Magistratura: e deve farlo, come in questi anni ha sempre fatto, con linearità, imparzialità, severità". Lo scrive in un messaggio inviato in occasione della cerimonia per il ventennale della strage di via D'Amelio il capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Rivolgendosi ai Magistrati di Palermo, Napolitano ricorda come abbiano "spesso sofferto, nel corso degli anni, per la perdita di eminenti ed esemplari colleghi, che possiamo richiamare e onorare tutti unendoli al ricordo di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone. Vissi io stesso il dramma, lo sgomento, il dolore per il brutale assassinio di quei due eroici servitori dello Stato, vissi quelle ore insieme con il più fraterno amico della mia vita, il senatore Gerardo Chiaromonte, di cui è rimasto per me indimenticabile, insieme con il fermissimo impegno di Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il rapporto di straordinaria stima e simpatia personale che aveva stabilito con Paolo come con Giovanni. E non si è mai spenta in me la traccia del cocente dolore con cui appresi la notizia dell'agguato omicida a Pio La Torre, con cui avevo strettamente condiviso passione ideale e tensione morale. Intensa era stata già prima la mia commozione per l'uccisione di Cesare Terranova, che avevo avuto fine e apprezzato collega in Parlamento".

1 gennaio 2012

Sindacati: 'Serve piano per lavoro rischio tensioni sociali'

La prospettiva di un 2012 all'insegna della recessione e della disoccupazione fa tremare i sindacati, che lanciano l'allarme sulla coesione sociale. "C'é un rischio reale di tensioni sociali crescenti nei prossimi mesi", dice il leader della Cgil, Susanna Camusso, che va contrastato con un Piano per il lavoro. Sulla stessa linea il numero uno della Uil: "C'é il rischio di andare verso una fase di recessione e, quindi, di riduzione dei posti di lavoro. L'aumento della disoccupazione non è certo un antidoto alla pace sociale, anzi é benzina sul fuoco", afferma Luigi Angeletti. Un rischio di cui parla anche il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco: per "evitare il pericolo di tensioni sociali" è necessario "essere più positivi" e "creare più coesione" sia nel lavoro sia nella società. Concorda il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: "Solo con la concertazione ed il dialogo sociale si possono affrontare i problemi gravi del paese, distribuendo il peso dei sacrifici". Il "rischio tensioni" è "da contrastare con un Piano per il lavoro, la vera emergenza", chiede Camusso perché la "recessione avrà un impatto duro su occupazione e redditi".C'é, quindi, il "rischio che cresca il conflitto sociale - avverte ancora - con l'aumento delle diseguaglianze". I sindacati chiedono, dunque, di partire dall'occupazione, per arginare l'aumento di posti di lavoro persi: ad oggi, secondo il ministero dello Sviluppo economico, sono 30 mila i lavoratori a rischio, considerando solo i tavoli di crisi aziendali coordinati dallo stesso ministero, mentre è di 300 mila - spiega - il dato che si riferisce "al complesso di tutta l'occupazione diretta e indiretta (incluso ad esempio l'indotto) delle imprese a vario titolo coinvolte" ma che "non coincide assolutamente con il numero di posti di lavoro a rischio". Il richiamo delle organizzazioni dei lavoratori è ad agire per evitare il peggiorare del quadro occupazionale, con un tasso di disoccupazione stimato in salita al 9% alla fine del 2012 dal Centro studi di Confindustria e per il 2013, anche per via dell'attenuazione del reintegro delle persone in cig. "Questo é il problema su cui concentrarsi", dice Angeletti, e per farlo bisogna partire dalla "riduzione delle tasse sul lavoro" altrimenti "le parole occupazione e crescita sono solo uno slogan".
Ovviamente a questo si affianca la questione giovanile e della precarietà, insieme alla garanzia di un futuro previdenziale per i figli e i nipoti di oggi. Tutti temi cui ha fatto riferimento il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel suo messaggio di fine anno. E che saranno al centro della riforma del mercato del lavoro, guidata dal ministro Elsa Fornero, che si appresta a partire (gli incontri prenderanno il via dopo la Befana, nella seconda settimana di gennaio). Ridurre la precarietà: da 46 forme di assunzione a tre o quattro e rendere le forme flessibili più costose, sono i punti da cui cominciare, sostiene la Cgil, rilanciando "con forza" la necessità di un piano per il lavoro e l'avvio di un confronto col sindacato. La questione della giungla contrattuale di certo approderà sul tavolo con il governo, insieme ai modi con cui incentivare l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e come creare posti di lavoro: "Rimettere in moto l'occupazione. Questa è la nostra prima emergenza" ha detto solo pochi giorni Fornero. "Lavoro, il vero augurio per il 2012, buon anno!", scrive Camusso su Twitter.

28 dicembre 2011

Istat: nel 2065 ultra 65enni saranno il 33,2% popolazione italiana

La popolazione residente in Italia e' destinata a invecchiare gradualmente. E' quanto rileva l'Istat nel suo studio sul futuro demografico del Paese.
Nello scenario centrale elaborato dall'Istituto di statistica l'eta' media aumenta da 43,5 anni nel 2011 fino a un massimo di 49,8 anni nel 2059. Dopo tale anno l'eta' media si stabilizza sul valore di 49,7 anni, a indicare una presumibile conclusione del processo di invecchiamento della popolazione.
Particolarmente accentuato entro i prossimi trenta anni e' l'aumento del numero di anziani: gli ultra 65enni, oggi pari al 20,3% del totale, nello scenario centrale aumentano fino al 2043, anno in cui oltrepassano il 32%. Dopo tale anno, tuttavia, la quota di ultra 65enni si consolida intorno al valore del 32-33%, con un massimo del 33,2% nel 2056.
La popolazione fino a 14 anni di eta', oggi pari al 14% del totale, evidenzia un trend lievemente decrescente fino al 2037, anno nel quale raggiunge un valore minimo pari al 12,4%. Dopo tale anno la percentuale di under 15enni si assesta fino a raggiungere un massimo del 12,7% nel 2065. Il margine di incertezza associato a tale stima fa comunque ritenere che nel medesimo anno tale quota potrebbe oscillare in un intervallo compreso tra l'11% e il 14%.

25 dicembre 2011

Natale: Codacons, acquisti mai cosi' in basso negli ultimi 10 anni

Mai cosi' male i consumi degli italiani a Natale negli ultimi dieci anni. Il settore abbigliamento e calzature ha fatto registrare un calo degli acquisti pari al 30%, i prodotti per la casa -25%, elettrodomestici, profumeria ed estetica -20%, cosi' come i viaggi, e un calo del 5% si e' registrato perfino per i giocattoli. Gli unici settori per i quali le vendite hanno retto rispetto agli anni passati sono l'hi-tech e gli alimentari.
Sono i dati forniti dal Coordinamento delle associazioni dei consumatori (Codacons), che ha monitorato l'ultima giornata di shopping il il giorno della vigilia.
''Le vendite sono crollate e mai come quest'anno il settore regali ha subito una contrazione cosi' forte'', ha detto il presidente Codacons, Carlo Rienzi. ''Si tratta del piu' brutto natale degli ultimi 10 anni sia per i consumatori, costretti a ridurre il numero e l'entita' dei regali, sia per i commercianti, che hanno subito una drastica riduzione del giro d'affari. E' evidente - conclude Rienzi - che a partire dal prossimo anno qualcosa deve cambiare sul fronte del commercio, altrimenti migliaia di esercizi commerciali saranno costretti a chiudere nel 2012''.

20 dicembre 2011

Immigrati, appello Pd-Udc-Fli per tavolo comune su 'ius soli': ''Legge entro giugno''

Un tavolo comune che porti all'approvazione di una legge che riconosca la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia. Superare così le tante proposte di legge sul cosiddetto 'ius soli' impantanate in Parlamento sulla questione rilanciata con forza nei mesi scorsi dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. A lanciare l'idea, per ripartire da zero ma arrivare a una legge in questa legislatura, è l'esponente del Pd Livia Turco, nel corso dell'incontro oggi alla Camera dei deputati 'Figli d'Italia. Italiani che devono 'chiedere permesso''.
Una proposta, quella di Turco, che piace e incassa il via libera degli esponenti di Fli e Udc presenti all'incontro. "Siamo qui - dice l'ex ministro della Salute - ma in assenza di una parte fondamentale del Parlamento. Nessuna delle proposte di legge depositate possono costituire un punto di partenza per cambiare le cose. Scriviamo insieme un articolo - propone Turco - ma facciamolo insieme, non c'è altra strada che costruire un tavolo comune".
"Isoliamo il punto - le fa eco Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli a Montecitorio - su cui è possibile trovare un accordo immediato, visto che una riforma complessiva della materia sarebbe più complicata". L'obiettivo da centrare a breve è la cittadinanza per le cosiddette 'seconde generazioni', "visto che è difficile avere un'opinione diversa sulla questione dei nati in Italia: questo è un pezzo importante per l'energia e il futuro del Paese".
"Approfittiamo - invita Roberto Rao, deputato Udc - del clima di apparente distensione per scendere dalle barricate ideologiche e trovare un accordo. Poniamoci giugno dell'anno prossimo come obiettivo per arrivare a una legge che cambi le cose, appellandoci al senso di responsabilità di ciascuno. Il tavolo non deve essere di questa o di quell'altra forza politica, deve essere aperto a chiunque voglia dare il proprio contributo".
"Il lavoro sporco di parlare con il Pdl lo faccio io - afferma con un sorriso Andrea Sarubbi, esponente del Pd firmatario di una proposta di legge per introdurre lo ius soli temperato - mi sono messo anche la cravatta verde per agevolare le cose, visto che ero certo che oggi ne avremmo sentito la mancanza", aggiunge ironizzando sugli uomini del Carroccio.
"Quel che è certo - dice Jean-Leonard Touadi, del Pd - è che è arrivato il momento di dare un volto alla nuova Italia" e la partita dello ius soli "non deve essere vista come una concessione, ma piuttosto come un elemento di democrazia, come un passo importante per rendere la democrazia italiana più compiuta. Penso alle parole del capo dello Stato, che ha posto la questione come un'opportunità per l'Italia. Parole, quelle di Napolitano, che arrivano da una persona anziana ma che guarda lontano e vede il futuro".
Presente all'incontro anche il presidente della Camera Gianfranco Fini che sottolinea: "Ci tenevo a dirvi andiamo avanti" sullo ius soli. I figli di immigrati nati in Italia possono ambire alla cittadinanza solo al compimento del 18esimo anno di età e dopo un iter burocratico lungo e complesso. La possibilità di arrivare a una legge che cambi le cose in questa legislatura "dipende - spiega Fini a margine dell'incontro a Montecitori - dalla decisione delle singole forze parlamentari e, all'interno di queste, dai singoli deputati, ma me lo auguro. E' un tema che, dopo le parole del capo dello Stato, deve essere affrontato con una nuova legge".
Contrario all'ipotesi di passare dallo ius sanguinis allo ius soli il presidente del gruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri che scrive su Twitter: ''E' una follia giuridica. Il rischio? Incoraggiare esodo clandestini. Integrazione uguale legge e ordine", aggiunge.

22 novembre 2011

Effetto crisi, nel nostro Paese torna l'emigrazione dal Sud verso il Nord

Con la crisi è ripresa l'emigrazione dal Sud al Nord del Paese. A lanciare l'allarme è Confcommercio, in occasione della seconda tappa degli Stati generali della confederazione a Napoli.A quanto risulta dalla ricerca curata dall'Ufficio studi di Confcommercio e presentata oggi nel capoluogo campano, infatti, le dinamiche demografiche "evidenziano segnali preoccupanti per il Sud: si riduce la quota di popolazione sul totale nazionale (passata dal 36,4% del 1995 al 34,4% del 2011); si registra una ripresa dei flussi migratori verso Nord (4 milioni di residenti in meno tra il 1955 e il 2008); si registra una scarsa capacità di attrarre lavoratori stranieri: per ogni 100 nati vivi, infatti, sono solo 3,6 gli stranieri mentre nel Nord-Est sono circa 6 volte di più".

'Follia non concedere cittadinanza a bambini immigrati'

''Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri'' lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. ''Negarla - ha aggiunto - e' un'autentica follia, un'assurdita'. I bambini hanno questa aspirazione''. Un auspicio, quello del Presidente, che ha raccolto un immediato coro di consensi, da Casini a Vendola, da Save the children all'Anci, con l'eccezione della Lega ('vogliono nuovi elettori' ha detto Davide Boni).
DOPO APPELLO COLLE 113 SENATORI DEPOSITANO DDL - Dopo l'appello del Capo dello Stato ad approvare una legge che affronti la questione della cittadinanza dei bambini nati in Italia da genitori stranieri, il senatore del Pd Ignazio Marino, oggi ha depositato un disegno legge firmato da 113 senatori (tutto il Pd, Idv e alcuni del Terzo Polo) che modifica la legge del 1992 e assegna la cittadinanza ad ogni nato in Italia indipendentemente da quella dei genitori. ''Esiste - osserva Marino - una discriminazione incomprensibile ai danni dei figli degli immigrati nati in Italia, lo ha ribadito oggi anche il presidente Napolitano. Un bambino senza cittadinanza sara' sempre uno straniero in un Paese che invece vive e sente come proprio. ''Il multiculturalismo e il confronto fra diverse identita' culturali sono - sottolinea Marino - risorse sulle quali investire, discriminare l'infanzia, compromettere la crescita equilibrata dei bambini che nascono in Italia da genitori immigrati e' incivile: il nostro Paese non puo' piu' permettersi di vivere nell'intolleranza e nell'arretratezza culturale''. ''Con buona pace di quella parte del mondo politico che rifiuta la modernita', bisogna fare un passo avanti'' conclude Marino.
IndietroStampa Invia Scrivi alla redazione precedentesuccessiva'Follia non concedere cittadinanza a bambini immigrati' 22 novembre, 15:29 Ritorna alla news

17 ottobre 2011

AUMENTANO I POVERI IN ITALIA: IL RAPPORTO CARITAS-ZANCAN

È un titolo fortemente evocativo quello del nuovo rapporto Caritas-Zancan su povertà ed esclusione sociale in Italia: “Poveri di diritti” (ed. il Mulino, in libreria dal 20 ottobre) presentato oggi a Roma.
Un titolo che nasce da una semplice, ma non scontata considerazione: alle persone che vivono in condizioni di povertà si pensa solo in termini di insufficienti risorse economiche, ignorando che esiste tutta una serie di altre privazioni che peggiorano lo stato di precarietà e ne impediscono il superamento.
Il diritto alla casa, al lavoro, alla famiglia, all’alimentazione, alla salute, all’educazione, alla giustizia - pur tutelati dalla Costituzione italiana - sono i primi a essere messi in discussione e negati. Allo stesso modo, viene regolarmente violato il “diritto a non scomparire per effetto statistico”, visto che le statistiche sulla povertà non riescono a documentare gli effetti devastanti della crisi per molte famiglie.
Come nella passata edizione del rapporto, anche quest’anno va registrata una sostanziale difformità tra i dati ufficiali relativi alla povertà e la reale condizione del paese: nel 2010 8 milioni e 272 mila persone erano povere (13,8%), contro i 7,810 milioni del 2009 (13,1%). Secondo i dati Istat (2011) il 2010 ha registrato un lieve incremento nel numero di famiglie in condizioni di povertà: si è passati da 2,657 milioni (10,8%) a 2,734 milioni (11%).
I più colpiti. Nel 2010 la povertà relativa è aumentata, rispetto all’anno precedente, tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9 al 29,9%), tra le famiglie monogenitoriali (dall’11,8 al 14,1%), tra i nuclei resi?denti nel Mezzogiorno con tre o più figli minori (dal 36,7 al 47,3%) e tra le famiglie di ritirati dal lavoro in cui almeno un componente non ha mai lavorato e non cerca lavoro (dal 13,7 al 17,1%). Ma la povertà è aumentata anche tra le famiglie che hanno come persona di riferimento un lavoratore autonomo (dal 6,2 al 7,8%) o con un titolo di studio medio?alto (dal 4,8 al 5,6%). Per queste ultime è aumentata anche la povertà assoluta, passando dall’1,7 al 2,1%.

La povertà colpisce con particolare violenza le famiglie numerose, con più di due figli. Senza un adeguato sostegno, le famiglie non saranno incentivate a fare figli e le ripercussioni a livello demografico saranno pesanti. Tuttavia, nel bilancio di previsione dello stato per gli anni 2010?2013, il Fondo per le politiche della famiglia registra i seguenti decrementi: 185,3 milioni di euro nel 2010, 51,5 milioni nel 2011, 52,5 milioni nel 2010 e 31,4 milioni nel 2013. In Italia, i cittadini tra i 15 e i 64 anni con un lavoro regolarmente retribuito sono quasi 22 milioni e 900 mila, il 56,9% dei cittadini. La percentuale è tra le più basse dell’Occidente. Ci sono poi tre categorie particolarmente vulnerabili: i giovani (l’occupazione è crollata dell’8% nel 2009 e del 5,3% nel 2010); le donne (in Italia lavora solo il 47%); le persone di?sabili (nel 2008 hanno fatto domanda di assunzione 99.515 disabili e nel 2009 83.148, ma gli av?viamenti effettivi al lavoro sono stati rispettivamente 28.306 e 20.830).

6 ottobre 2011

CONSUMI: LE FAMIGLIE HANNO 10 MILA EURO IN MENO RISPETTO AL 2008

Nel 2011 una famiglia di tre persone, in termini di flussi di reddito e ricchezza liquida spendibile per i consumi, dispone di 10 mila euro in meno rispetto al 2008. Questa la stima fatta dall'Ufficio studi della Confcommercio. In 4 anni anni, dal 2008 al 2011, il reddito procapite, spiega la Confcommercio, ha subito una flessione del 7% pari a -1.260 euro a testa, mentre la richezza finanziaria, sempre procapite, e' scesa del 6% pari a -2.980 euro a testa.Nel mese di agosto i consumi sono diminuiti dell'1,5% rispetto a luglio azzerando tutti i timidi segnali di ripresa dei consumi registrati nei mesi precedenti. Questa la stima fatta dalla Confcommercio, che su base tendenziale segnala, sempre ad agosto, un aumento dell'1,7%. Il dato relativo al confronto con lo stesso mese del 2010, spiega la Confcommercio, ''va letto con estrema cautela in quanto condizionato da una serie di fattori che hanno contribuito ad amplificare la crescita su base tendenziale''. L'inflazione, invece, ad ottobre, conclude la Confcommercio, si attesta al 3,2% con una variazione congiunturale dello 0,4%.''L'indebolimento dello scenario economico generale e gli effetti delle misure di finanza pubblica, tra cui l'aumento dell'Iva, spingono al ribasso le previsioni di Pil e consumi sia per il 2011 che per il 2012''. Questa la stima fatta dalla Confcommercio che sottolinea che ''per quest'anno il tasso di crescita si attestera' a +0,7% (dal precedente +0,8%) rallentando ulteriormente nel 2012 con un +0,3% (da +1%)''. Quanto ai consumi, ha aggiunto Confcommercio, si stima un +0,7% (da +0,8%) per il 2011 e +0,2% (da +1,1%) nel 2012

27 settembre 2011

BAGNASCO: CONDOTTA INDECOROSA E' INCOMPATIBILE CON ISTITUZIONI

Il nome di Silvio Berlusconi non c'e' ma l'identikit del premier - con il riferimento agli ultimi scandali e inchieste che l'hanno visto coinvolto - e' inconfondibile nelle parole del presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco. Il capo dei vescovi ha aperto i lavori del Consiglio Permanente, il 'parlamentino' dei vescovi con la consueta prolusione e, come chiesto da molti nelle ultime settimane, ha preso di petto la dedicatissima situazione politico-istuzionale del Paese: ''Si rincorrono con mesta sollecitudine - ha osservato il presidente dei vescovi -, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignita' delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica''. Certo, l'accanimento investigativo e dei media suscitano sospetto e le ''strumentalizzazioni'' non mancano; ma il dato di fondo inequivocabile rimane: ''I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorieta''', perche' ''ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune'' e vengono a turbare l'intero ''equilibrio'' del Paese. Bagnasco arriva anche a suggerire, tra le righe ma nemmeno troppo, un passo indietro da parte del premier: ''La collettivita' - queste le sue parole - guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l'immagine del Paese all'esterno ne viene pericolosamente fiaccata. Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor piu' complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono ne' vincitori ne' vinti: ognuno e' chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne dara' atto''. Insomma, davanti all'impasse, un passo indietro sarebbe un gesto di responsabilita', forse l'unico possibile per uscire dal ''pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati'' che paralizza il Paese. I rischi di questa situazione sono evidenti da quanto accaduto con la manovra bis dell'estate: un processo ''scombinato'' in cui il ''regolamento dei conti personali'' ha prevalso sul ''rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica''. Questo vuol dire anche farla finita con l'evasione fiscale e con le cricche: ''comitati di affari'' privi di legittimita' nell'ordinamento democratico che si ''auto-impongono attraverso il reticolo clientelare'' e rubano al Paese risorse indispensabili in questo momento.
Solo cosi', per Bagnasco, gli onesti e i virtuosi si sentiranno ''premiati''. Dal presidente dei vescovi arriva anche un incoraggiamento: l'Italia non deve autodenigrarsi perche' ''ha una missione da compiere'' e la sua gente sa dare il meglio proprio nei momenti piu' difficili.

18 settembre 2011

POCHE PROSPETTIVE PER I GIOVANI ITALIANI: 3 SU 10 PRONTI A EMIGRARE

Il lavoro che non c’è, la dipendenza dalle famiglie di origine, il rischio concreto che le proprie ambizioni non possano trovare riscontro. Queste le motivazioni che disegnano un futuro grigio per i giovani italiani.
Sette giovani su dieci appaiono preoccupati per la situazione del Paese, destinata a loro parere non migliorare nel breve periodo, con il rischio che non ci si possa realizzare professionalmente, continuando a dipendere dalle famiglie di origine ed addirittura avendo meno possibilità dei propri genitori. La manovra economica non rilancia il futuro dei giovani, che si dicono disposti nel 30% dei casi a trasferirsi in un altro Paese per cercare maggior fortuna.
Queste in estrema sintesi le opinioni dei giovani italiani, che il centro di ricerche Datagiovani e Panel Data hanno intervistato per sondarne aspettative e preoccupazioni in questo momento delicato per il nostro Paese. Il sondaggio è stato realizzato dal 5 al 9 settembre scorsi contattando telefonicamente, con metodologia CATI, un campione di 600 italiani dai 18 ai 35 anni, proporzionale rispetto all’area di residenza (Nord, Centro, Sud).Situazione economica grave, con poche vie di uscita. Sette ragazzi su dieci si dicono preoccupati per il futuro economico del Paese, non solo per la situazione attuale ma anche e soprattutto in chiave futura: il 35% è convinto che il quadro economico italiano è destinato a peggiorare ulteriormente. Interessante è rilevare che queste opinioni sono trasversali alle aree del Paese, sia quelle in cui la disoccupazione giovanile è storicamente elevata sia in quelle in cui la crisi ha messo in luce le difficoltà di creazione di nuovi posti di lavoro.
Poche le prospettive di realizzazione e di crescita personale. Il quadro si continua a tingere di grigio rilevando che sei giovani su dieci non credono che le proprie aspettative ed ambizioni personali e professionali potranno trovare effettiva realizzazione. Qui invece lo scetticismo si fa più marcato tra i giovani del Sud, già abituati a dover fare di necessità virtù per trovare sbocchi occupazionali. È in generale la questione lavoro a preoccupare maggiormente i giovani italiani, che temono di non riuscire a emanciparsi dalle famiglie di origine: infatti, la metà degli intervistati ritiene che la propria generazione abbia a disposizione meno opportunità delle precedenti.
Pronti ad andare all’estero. Non deve stupire dunque il dato emerso dalla rilevazione riguardo alla disponibilità di trasferirsi all’estero avendone le possibilità: tre giovani su dieci rispondono affermativamente, convinti di poter trovare fuori dall’Italia più opportunità di lavoro, più spazio alle nuove generazioni ed in generale un ambiente ed una qualità della vita migliori.
Una manovra che non convince. Le misure adottate dal Governo, seppure necessarie per evitare il rischio di default del nostro Paese, vengono bocciate dai giovani interpellati che si aspettavano più investimenti per il futuro: il 32% è convinto infatti che non ci siano misure reali per la crescita ed il 27% che i provvedimenti attuati penalizzino ulteriormente le nuove generazioni.

13 settembre 2011

Più ore sui banchi e meno investimenti: la scuola italiana è poco europea

L'Italia investe per istruzione e universita' il 4,8% del suo Pil, contro una media Ocse del 5,9%. Usa, Corea, Norvegia sono sopra al 7%. In particolare nel nostro paese la porzione di Pil dedicata all'istruzione, dalla scuola primaria alla secondaria, e' del 3,3% (media Ocse 3,8). Per l'educazione terziaria, quella universitaria, si spende l'1% (media Ocse 1,5%). Il dato e' praticamente costante dal 1995 nel nostro paese: allora spendevamo il 4,6%. Dietro di noi ci sono la Repubblica Ceca (4,5% di Pil speso per l'istruzione), la repubblica Slovacca (4%), Cina (3,3%), Indonesia (3,3%). La Germania si assesta come noi sul 4,8% ma spende di piu' (1,2%) per l'universita'. I dati sono contenuti nel Rapporto Ocse 'Education at a glance' diffuso oggi con dati riferiti per lo piu' al 2009.
L'investimento privato e' scarsissimo in Italia. Per esempio il 3,3% di Pil speso sulla scuola primaria e secondaria esce per lo piu' (3,2%) dalle casse dello Stato. Per l'Universita' e' lo stesso: dell'1,1% di Pil speso, lo 0,8% e' frutto di investimenti pubblici. All'universita' pesano di piu' le tasse degli studenti degli investimenti privati.
La spesa annua per studente si avvicina invece a quella complessiva dei paesi Ocse. L'Italia spende per uno studente circa 9.200 dollari all'anno, nel complesso i paesi Ocs spendono 9.860 dollari. Ma c'e' una differenza. L'Italia investe soprattutto sugli studenti delle scuole di primo e secondo livello. Molto piu' della media Ocse. Ma poi la spesa pro capite per gli universitari e' molto al di sotto della media Ocse: 9553 dollari contro 13.717

22 agosto 2011

Ricerca, triste prima volta per l'Italia: arretra dopo 30 anni di crescita

Per la prima volta da trent'anni la produzione scientifica in Italia smette di crescere e da' segnali di arretramento. Lo fa in termini relativi, come quota percentuale dell'intera produzione mondiale, e in termini assoluti, come numero di articoli scientifici pubblicati. E'l'istantanea di un punto di rottura, quella che emerge daun'analisi, appena pubblicata da Research Policy a firma di Cinzia Daraio dell'Universita' di Bologna e di Henk Moed dell'Universita' di Leiden (Paesi Bassi).Il primo campanello d'allarme è del 2004. Per la prima volta, spiega una nota dell'Universita' di Bologna, l'Italia non riesce a bissare il livello di pubblicazioni scientifiche dell'anno precedente. Poi una sequela di ribassi fino al 2009, ultimo anno di cui conosciamo i dati, che fisserà a 52.496 studi pubblicati e al 3,5% il contributo italiano al totale della ricerca mondiale

Certamente il Belpaese sconta, come gli altri Stati europei, la concorrenza agguerrita di Paesi emergenti come India, Brasile e Cina. Quest'ultima in 15 anni quadruplica le sue prestazioni, superando di slancio l'Italia (1999), la Francia (2002), la Germania (2005) e infine il Regno Unito (2006). Ma se barcolliamo anche sui numeri, specifica il comunicato, assoluti, significa che il problema è anche interno.
Siamo fanalino di coda per numero di ricercatori rispetto alla popolazione (meta' della Spagna e un terzo della Gran Bretagna), ma il primo per loro produttività individuale. Lo chiamano 'effetto di compensazione': per bilanciare i minori investimenti i ricercatori italiani si sono arrangiati e c'hanno messo del loro.
L'Universita' di Bologna spiega poi che pur con un esiguo e stabile numero di ricercatori per mille abitanti (0,7: il piu' basso appunto) e uno smilzo 0,5 per cento di Pil investito in ricerca pubblica (solo la Spagna peggio di noi, ma ora minaccia il sorpasso) per 25 anni abbiamo mantenuto trend in crescita per produzione scientifica e qualità della ricerca. (AGENZIA DIRE, www.dire.it)

26 giugno 2011

OCSE: ITALIA E GERMANIA ULTIME DELLA CLASSE PER LA SPESA IN ISTRUZIONE/ INSEGNANTI ITALIANI SODDISFATTI AL 95% DEL LORO LAVORO

Due diverse indagini, entrambe dell’OCSE, fanno emergere due realtà del settore dell’istruzione solo apparentemente contraddittorie: secondo la prima, Italia e Germania sono ultime della classe per spesa in istruzione; per la seconda, il 95% degli insegnanti italiani si dichiarano soddisfatti del lavoro svolto in classe.
Secondo i dati Ocse, la spesa per l’istruzione nel nostro Paese rappresentava nel 2008 appena il 9,3% dell'intera spesa pubblica, tra i livelli minimi del pool dei 31 paesi che fanno parte dell'organizzazione e ben al di sotto della media complessiva (13,1%).
Non solo, l'Ocse rileva anche che in Italia, così come negli Stati Uniti, in Israele, Slovenia, Ungheria, Islanda e repubblica Ceca, "i salari degli insegnanti sono considerevolmente inferiori rispetto alla media di quanto guadagnano i lavoratori del terziario". È generalmente inferiore alla media Ocse anche il livello di spesa che l'Italia dedica alla sanità: nel 2008 ammontava al 4,6% della spesa pubblica complessiva, contro il 14,7% della media. In particolare, da noi si è registrato un aumento dell'1,6% dal 2000 al 2008, mentre nei paesi Ocse l'incremento è stato dell'1,7%.
Per l'Ocse, inoltre, l'Italia deve introdurre una maggiore trasparenza negli acquisti per la P.A., ricordando che nel 2008 a questa voce è andato ben il 10% del Pil italiano.
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dagli insegnanti italiani, che si dichiarano tra i più soddisfatti del loro lavoro svolto in classe. Messi a confronto con i colleghi di 23 paesi dell'area Ocse i nostri "prof" dichiarano però anche che la loro professione è migliorabile, soprattutto riducendo gli impegni burocratici extra-didattici e aumentando le opportunità per aggiornare le loro competenze.
Questi dati risultano dall'indagine internazionale Ocse-Talis, che ha esaminato anche la percezione che i docenti hanno del loro "status", diffusa nei giorni scorsi dalla Uil scuola. Questo studio è stato condotto in 23 paesi su un ampio campione di docenti e dirigenti scolastici in servizio nelle scuole superiori di primo grado.
Come si è detto, per quanto riguarda l'Italia, il 95% dei docenti ha detto di essere appagato del proprio lavoro dietro la cattedra. E ciò, malgrado il tempo che è sottratto loro all'insegnamento per espletare troppi adempimenti burocratici (8,8%) - come le schede da riempire, le comunicazioni da espletare, i modelli periodicamente da consegnare - risulti più alto della media dei 23 paesi coinvolti nello studio (il record del carico di pratiche è dei messicani, con il 16,5% delle ore sottratte all'insegnamento).
Non solo, i prof italiani hanno anche ammesso di utilizzare il 14% del loro tempo con gli alunni per mantenere l'ordine in classe. Ma su questo punto sono gli insegnanti brasiliani a faticare di più per mantenere l'ordine (17,8% del tempo).
I ricercatori che hanno svolto l'indagine hanno anche interrogato i docenti sulla percezione che loro hanno dell'efficacia personale in relazione all'attività educativa con i propri studenti. Sotto la lente di ingrandimento sono state messe una serie di variabili relative al lavoro d'aula, non sotto il profilo delle materie insegnate, ma su quello relazionale.

25 giugno 2011

MATURITA': MEZZO MILIONE DI STUDENTI SUI BANCHI PER LA TERZA PROVA

Lunedi' mattina 495.771 studenti italiani torneranno sui banchi per la terza prova dell'esame di maturita' il cosiddetto 'quizzone', dopo i primi due scritti che si sono svolti mercoledi' e giovedi'. Gli studenti interni sono 470.860, i privatisti 24.911 e saranno esaminati da 12.373 presidenti di commissione e da 42.483 commissari d'esame.A differenza delle prime due prove, predisposte dal Miur, il ''quizzone'' viene deciso da ogni singola commissione su cinque materie del quinto anno. Per ogni materia sono previste domande a risposta multipla e a risposta aperta.L'eventuale quarta verifica scritta verra' svolta solo in alcuni istituti con corsi particolari, come il progetto ''Esabac'' e nei licei con sezioni ad opzione internazionale spagnola e tedesca, oltre che nei licei classici europei ed in alcuni indirizzi linguistici: in questi casi la verifica si effettuera' martedi' 28 giugno.

Subito dopo la pubblicazione dell'esito degli scritti, ai primi di lulgio, inizieranno le verifiche orali. La votazione finale sara' il frutto della media dei voti di ammissione, dell'esito delle prove scritte ed orali e dall'assegnazione dei crediti formativi e scolastici.Per i candidati che puntano alla lode sara' necessario aver raggiunto il massimo dei crediti a partire dal terzo anno, non avere una materia al di sotto dell'8 in quarta e quinta e aver ricevuto il massimo della valutazione nelle tre prove scritte e nel colloquio finale.ECCO IN COSA CONSISTE IL TEMUTO 'QUIZZONE' Il portale Studenti.it ricorda in cosa consiste il quizzone.Introdotta nel 1998, la terza prova dell'esame di maturita' e' un test multidisciplinare che tratta in modo sintetico i diversi argomenti studiati durante l'ultimo anno di scuola. I quesiti proposti possono essere a risposta singola, multipla o consistere nella soluzione di problemi, di casi pratici o professionali o, ancora, nello sviluppo di progetti. Ogni scuola ha la possibilita' di scegliere la tipologia di svolgimento della prova. La terza prova viene strutturata dalla commissione d'esame: quindi non contribuiscono alla sua elaborazione soltanto i professori interni, ma anche i commissari esterni. Oggetto della terza prova sara' anche la lingua straniera e, se sono piu' di una quelle studiate, verra' trattata quella che non si e' usata nella seconda prova. Non devono inoltre considerarsi escluse da questo terzo ''round'' le materie gia' affrontate nella seconda prova.E gli sperimentali? Le modalita' di predisposizione e di svolgimento della terza prova scritta negli indirizzi sperimentali sono identiche a quelle previste per i corsi di ordinamento. Per quanto riguarda il contenuto di questa prova, l'accertamento verte su materie e argomenti svolti nell'ultimo anno, che possono non coincidere con quelli dell'analogo indirizzo di ordinamento.In merito al tempo di svolgimento, sara' la commissione a definire anche questo, fattore che cambia in funzione della complessita' della prova stessa. Anche la correzione e' collegiale.

21 giugno 2011

PENSIONI: CRESCE LA SPESA E META' DEGLI ASSEGNI E' SOTTO 1000 EURO

Nel 2009 l'importo complessivo annuo delle prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali erogate in Italia e' stato pari a 253.480 milioni di euro, un valore record corrispondente al 16,68% del Pil. La spesa complessiva e' aumentata del 5,1% rispetto al 2008, mentre la quota sul Pil e' cresciuta di 1,3 punti percentuali rispetto all'anno precedente. E' quanto emerge dalle rilevazioni annuali sui trattamenti pensionistici e sui loro beneficiari condotte dall'Istat e dall'Inps. La crescita e' fondamentalmente imputabile all'evoluzione dell'importo medio delle prestazioni erogate, che e' aumentato del 5,0%, a fronte di un numero dei trattamenti pensionistici in pagamento rimasto pressoche' invariato rispetto all'anno precedente (+0,1%).Nel 2009 sono state erogate 23,8 milioni di prestazioni pensionistiche, per un importo medio annuo di 10.634 euro.


Con riferimento alla tipologia di pensione, sono 18,6 milioni le pensioni di invalidita', vecchiaia e superstiti, per una spesa complessiva di 228.541 milioni di euro (90,2% del totale) ed un importo medio annuo di 12.287 euro. Il 50,7% dei trattamenti pensionistici e' rappresentato da pensioni di vecchiaia o anzianita', per una spesa pari a 178.421 milioni di euro (70,4% del totale) ed un importo medio annuo di 14.752 euro; il 20,6% riguarda pensioni ai superstiti (15,0 % in termini di spesa), mentre il restante 6,7% si riferisce ad assegni ordinari di invalidita' o a pensioni di inabilita', che assorbono il 4,8% della spesa destinata al complesso delle pensioni.Le pensioni assistenziali rappresentano nel 2009 la seconda tipologia di prestazioni pensionistiche in termini di spesa erogata, con un totale di 20.464 milioni di euro (8,1% del totale) per complessivi 4,3 milioni di trattamenti ed un importo medio annuo di 4.728 euro. Di tali prestazioni la quota piu' elevata, in termini sia di numero sia di spesa (rispettivamente 13,4% e 5,9%) si registra per le pensioni di invalidita' civile e le indennita' di accompagnamento ad esse associate.Le pensioni indennitarie, infine, fanno rilevare una spesa complessiva di 4.476 milioni di euro (1,8% del totale), distribuita su 907 mila trattamenti, per un importo medio pari a 4.932 euro.Da rilevare, rileva l'analisi Istat/Inps, che quasi la meta' degli assegni pensionistici e' inferiore ai mille euro al mese. Sul totale il 39,1% delle pensioni ha importi mensili inferiori a 500 euro e il 31,4% ha importi mensili compresi tra 500 e mille euro. Un ulteriore 13,4% di pensioni vigenti al 31 dicembre 2009 presenta importi compresi tra 1.000 e 1.500 euro mensili e il restante 16,1% del totale ha importi mensili superiori a 1.500 euro.Tuttavia grazie alla possibilita' di cumulo il gruppo piu' numeroso di pensionati (5,3 milioni di individui, il 31,8% del totale) riceve quindi una o piu' prestazioni, per un importo medio totale mensile compreso tra 500 e 1.000 euro.Il secondo gruppo per numerosita' (3,9 milioni di pensionati, pari al 23,5% del totale) ottiene pensioni comprese tra 1.000 e 1.500 euro mensili. Un ulteriore 14,7% di beneficiari percepisce meno di 500 euro mensili e il restante 29,9% riceve pensioni di importo mensile superiore a 1.500 euro (16,1% nel caso delle pensioni).Inevitabilmente, il sistema pensionistico riflette le forti differenze retributive tra uomini e donne. Nel 2009, gli uomini hanno percepito pensioni per un valore di 135,47 miliardi, pari al 56,2% del totale nonostante i percettori maschi siano solo il 47% con 7,9 milioni rispetto agli 8,87 milioni dell'universo femminile. Nell'analisi per classe di importo mensile, gli uomini sono concentrati nelle fasce alte di reddito e le donne in quelle basse. Ad esempio solo il 12,4% degli uomini percepisce pensioni inferiori ai 500 euro mensili contro il 16,8% delle donne che sno concentrate nella fascia sotto i mille euro con il 39,1% del totale mentre gli uomini si fermano al 23,6%.Per i redditi pensionistici tra 1.500 e 2 mila euro al mese figurano il 17,9% degli uomini e solo l'11,2% delle donne. Nella fascia di reddito superiore ai 2 mila euro al mese figura il 22,9% dei maschi e soltanto il 9,2% delle donne.