30 gennaio 2011

Pd: "Berlusconi mette a ferro e fuoco le istituzioni, mandiamolo a casa"


"E’ ormai evidente che Berlusconi vuole che muoia Sansone con tutti i filistei. Pur di non cedere, Berlusconi mette a ferro e fuoco le istituzioni. E’ necessario mandarlo a casa prima che provochi nuovi danni irreparabili". Parole di Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria nazionale del Pd. "Per questo– continua Migliavacca- il Partito democratico è impegnato a raccogliere milioni di firme per chiedere le dimissioni del premier e tornare finalmente ad occuparsi dei problemi degli italiani, dimenticati da questo governo. Come ha più volte detto il segretario del Pd Bersani, il secondo e ultimo tempo del berlusconismo sarà caratterizzato da strappi drammatici alle regole e perfino da elementi di rischio".
"Anche da questa consapevolezza– sottolinea- è nata la proposta di una piattaforma programmatica del Pd che prevede una riforma repubblicana e un patto per la crescita e per il lavoro, elementi sui quali chiamare al confronto tutte le forze politiche dell’opposizione e tutte le forze sociali. Il Pd è il pilastro attorno al quale si può costruire un'alleanza che avvia il superamento di questa fase buia della storia italiana".

Campagna UIL: "meno costi della politica = meno tasse". Dichiarazione di Guglielmo Loy, Segretario confederale UIL

Per tutelare lavoratori dipendenti e pensionati dal rischio di un probabile aumento della pressione fiscale locale, in vista dell’approvazione del Decreto Attuativo del fisco municipale, abbiamo invitato i segretari territoriali della nostra Organizzazione ad inviare una lettera a tutti i Sindaci del proprio territorio di riferimento.
Nella lettera, di cui abbiamo predisposto un fac simile, i nostri dirigenti sindacali chiederanno di evitare aumenti della pressione fiscale per i cittadini e di privilegiare, invece, provvedimenti volti alla riduzione dei costi della politica, ad iniziare da quelli per il funzionamento di Giunte e Consigli. Ai comuni basterebbe infatti diminuire del 20% le uscite per le spese istituzionali per recuperare notevoli risorse, evitando così possibili maggiorazioni dell’Irpef locale.
L’iniziativa rientra in una campagna che impegnerà nelle prossime settimane l’intera Organizzazione e che si condenserà nello slogan “meno costi della politica = meno tasse”.

Berlusconi: "No alle urne. Chi oggi vuole il voto pensa soltanto ai propri interessi"

''Nonostante quello che sta accadendo, sono sempre sereno e determinato, continuiamo a governare, abbiamo una squadra di governo capace e appassionata'', ''affrontiamo i problemi e li risolviamo ''. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi in un collegamento telefonico con la convention dell'Adc di Francesco Pionati a Cassino. Il Cavaliere ha ribadito che in ''Parlamento abbiamo una maggioranza'' come dimostrato dagli ultimi voti in aula. Berlusconi e' certo che "i numeri tengano. Ne sono convinto".
"Lo abbiamo dimostrato vincendo sette a zero contro gli agguati della sinistra -ha proseguito il premier-. Andiamo avanti a governare in mezzo a tutte le difficolta' che conosciamo".
"Non c'e' alternativa a questa maggioranza" ribadisce Berlusconi. "Dobbiamo andare avanti con la maggioranza che abbiamo in Parlamento che ci consente di fare le riforme, a partire dal federalismo, dal fisco e dalla giustizia, a cui Fini ha detto di no", ha sottolineato il presidente del Consiglio.
E proprio riferendosi agli 'ex' alleati Fini e Casini, il premier ha aggiunto: "Senza di loro siamo piu' liberi, piu' forti e piu' determinati che mai. Siamo meglio messi e siamo determinatissimi".

Berlusconi ha attaccato poi chi parla oggi di elezioni. ''Chi oggi vuole il voto, in realta' pensa solo ai propri interessi. Lo fa per la propria gestione e spartizione del potere, non pensa invece a dar vita ad un nuovo governo per fare le riforme necessarie al Paese".
Il premier ha lamentato inoltre il "muro di questa opposizione che dice no a tutto quello che proponiamo e che non fa una sola proposta utile al Paese".
Quindi, ha lanciato un altro attacco al 'terzo polo'. Oltre al muro dell'opposizione, ''abbiamo avuto un secondo muro che ha messo ostacoli sulla strada della governabilita', tutti quei politici di lungo corso che si sono riuniti tutti insieme'' ha detto Berlusconi riferendosi a Fini, Casini e Rutelli. Secondo il premier ''il passato e' rappresentato da questo fantomatico terzo polo''. E invece, ''se l'Italia ha una possibilita' di uscire dalla crisi e' proprio per l'alleanza tra il Pdl, la Lega di Bossi e il gruppo dei responsabili di cui tu -dice Berlusconi rivolto a Pionati- sei il promotore. Tutte le altre formule sarebbero un ritorno al passato'' ha concluso il premier.

D'Alema: "Dobbiamo andare a elezioni, la maggioranza non vuole aprire nuova fase"

Di fronte al fatto che la maggioranza non intende aprire una fase politica nuova, noi dobbiamo puntare verso le elezioni". Lo dice Massimo D'Alema a 'In mezz'ora'.
D'Alema ricorda che "l'opposizione si era resa disponibile a prendersi la responsabilita' di un nuovo governo anche collaborando con la maggioranza, ma hanno risposto con arroganza e hanno preteso di rimpiazzare il vuoto lasciato da Fini con un gruppetto raccogliticcio".
"Noi dobbiamo fare nostra parte e non strattonare il capo dello Stato" che certo "ha il potere di sciogliere il Parlamento", prosegue D'Alema che sottolinea come sia "evidente che il capo dello Stato non possa che essere preoccupato dal conflitto istituzionale" che vive il Paese.
Secondo il presidentre del Copasir è necessario quindi "uscire al piu' presto da questa condizione ormai insostenibile. Non c'è paese civile al mondo in cui un premier nelle condizioni di Berlusconi resta al suo posto". Siamo di fronte a "un potere politico che si erge al di sopra della legalita'. E' un attentato alla Costituzione", aggiunge ricordando quanto accaduto in Isreale: "Il presidente israeliano, quando fu accusato di molestie verso alcune collaboratrici, si e' dimesso".

Le dichiarazioni di D'Alema seguono l'intervista rilasciata a 'Repubblica' in edicola oggi, nella quale affermava come il Paese stesse attraversando "una crisi democratica gravissima" e nella quale ribadita la ncessità, "se Berlusconi non si dimette", di andare "alle elezioni anticipate". Andare al voto, quindi, e "chiedere agli elettori di promuovere quel governo di responsabilita' nazionale che e' necessario al Paese, per uscire da una crisi cosi' profonda", aveva detto D'Alema a 'Repubblica' lanciando quindi un "appello alle forze politiche di questo potenziale schieramento: uniamoci, tutti insieme, per superare il berlusconismo".
Parole che avevano trovato subito la risposta di Antonio Di Pietro, leader dell'Idv. "L'alleanza costituente" lanciata dal presidente del Copasir e che si rivolge anche a Fli, è "un accoppiamento contro natura", una coalizione "senza un programma" perche' troppo diversa e quindi "non convincente". "Mi fa piacere -dice Di Pietro alla'Adnkronos- che buon ultimo D'Alema si accorga oggi della necessita' di liberarsi di Berlusconi . E, soprattutto, di andare alle elezioni e non di continuare a cincischiare cercando una maggioranza alternativa che non c'e' perche' i numeri sono quelli che sono". Per andare al voto anticipato, osserva Di Pietro, "non vi e' dubbio che bisogna passare prima attraverso la forca caudina di 316 parlamentari da trovare in aula. Questo puo' avvenire solo se una parte della maggioranza e tutta l'opposizone unita danno vita a un 'fronte di liberazione parlamantare'".
Aveva preferito non commentare a caldo Pier Ferdinando Casini, che a Sky Tg24 aveva spiegato: "Credo che sulla proposta di D'Alema occorra una riflessione molto seria. Non si può liquidarla con una battuta", dice il leader dell'Udc.
Da Fli aveva risposto Adolfo Urso: no alla "logica del tutti contro Berlusconi" e no a trasformare le elezioni "in un plebiscito" attorno al Cavaliere, piuttosto va costruita "un'alternativa credibile soprattutto sul piano di quelle riforme liberali" che il governo "non ha affatto realizzato". "Penso sia prioritario in questo momento costruire questa alleanza riformista e modernizzatrice. Noi, non a caso, abbiamo parlato di 'nuovo polo per l'Italia'. Questa è la risposta piu' compiuta a quei tanti elettori che hanno dato credito al sogno berlusconiano e ora si ritrovano sgomenti davanti a un incubo che mai avrebbero potuto immaginare", spiega.
Quindi, per Urso, la priorita' e' un'alleanza con "tutte le forze moderati e riformiste tanto piu' di fronte a sondaggi che dicono che, chi si arrocca nel Pdl, lo fa perche' non vede un'alternativa nello stesso spazio politico del centrodestra. Dobbiamo guardare a quel 40 per cento di elettori che si dicono incerti o propensi all'astensione. Questi elettori aspettano no una santa alleanza ma una proposta politica diversa e competitiva rispetto a quella naufragata nel berlusconismo".

26 gennaio 2011

''Privatizzare il debito'', la ricetta di Capaldo sui conti pubblici. "Sì" della Marcegaglia

In Italia bisogna ''aggredire con determinazione il debito pubblico'' attraverso una ''sorta di privatizzazione''. Pellegrino Capaldo, ordinario di economia aziendale alla Sapienza, in un'intervista al Corriere della sera spiega che ''se e' vero che il debito pubblico e' in ultima istanza un debito di noi cittadini tanto vale accollarcelo, almeno in parte direttamente, alleggerendo in corrispondenza lo Stato''. Le risorse cosi' liberate, afferma Capaldo, potrebbero essere utilizzate per investire ''secondo un disegno razionale e condiviso. La medicina e' molto amara ma la guarigione e' possibile. Dal punto di vista dei cittadini sarebbe un errore ricusare la medicina solo perche' e' dura, senza domandarsi se vi siano alternative e senza tener conto dei risultati che e' in grado di produrre''.
Secondo Capaldo l'Italia ha ''potenzialita' enormi, potremmo primeggiare in tanti settori. Ma per crescere dobbiamo investire e questo e' praticamente impossibile perche' ci mancano i mezzi, soffocati come siamo da un debito pubblico di enormi dimensioni e da un bilancio statale irrigidito oltre ogni misura''.

A condividere la proposta è Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, che spiega: ''In Giunta oggi abbiamo parlato molto del problema del fisco e del debito pubblico che e' troppo alto. La proposta di Pellegrino Capaldo che ho letto oggi sul Corriere della Sera noi la condividiamo'', ha detto a margine della riunione della Giunta degli industriali. ''Si sta affermando questa idea che la soluzione del problema del debito pubblico debba venire da una patrimoniale, noi siamo in assoluto disaccordo. Noi pensiamo che invece venga dalla vendita di una parte del patrimonio pubblico, come dice Capaldo e come anche il nostro centro studi aveva evidenziato: ci sono 500 miliardi, di cui 385 di immobili vendibili''. Per Marcegaglia si tratta di ''un tema su cui lavorare. Noi saremo disponibilissimi se il governo ci contattera' o vorra' un supporto. Riteniamo questa cosa molto giusta e pensiamo sia una cosa su cui andare avanti''.
Una proposta di Capaldo è "interessante" ma "non vorrei che iniziando a parlare di misure straordinarie per tagliare il debito pubblico, si creasse allarme sui mercati finanziari" ha commentato Vincenzo Visco, economista ed ex ministro del Tesoro, che all'Adnkronos spiega: "La proposta ha un senso, una sua razionalita' e una certa equita' - aggiunge - ma vorrei ricordare che gli immobili non sono stati gli unici beni a rivalutarsi. Senza contare che sarebbe meglio intervenire per riaggiustare il sistema fiscale. In quella sede si potrebbe decidere un imposizione sul patrimonio consistente ma ordinaria, cosi' come avviene negli Stati Uniti" dove le tasse sugli immobili sono molto piu' elevate che in Europa. "Noi - aggiunge Visco - ne avevamo un abbozzo con l'Ici, che e' stata abolita a furor di popolo". Di qui la difficolta', riconosciuta dallo stesso Capaldo, di intervenire su un tema 'popolare' come quello del patrimonio immobiliare.
Pur riconoscendo la gravita' del debito italiano ("che si era accumulato negli '80, ridotto in quelli '90 e dal 2001 e' tornato a crescere, con la parentesi del secondo governo Prodi"), l'ex ministro sottolinea come "una soluzione razionale dovrebbe essere trovata a livello europeo". A tale proposito, Visco ricorda di aver "avanzato una proposta, discussa in sede di Parlamento Europeo, che libererebbe i bilanci pubblici dell'extra debito: d'altronde non e' giusto che la gente paghi per un debito di cui non ha colpa". Anche se, conclude, per quanto riguarda l'Italia "alla fine sarebbe meglio far pagare tasse a chi non le paga".
Di "proposta intelligente e suggestiva, fatta da una persona di grande capacita' per la quale tutti abbiamo grande rispetto e stima" parla Lamberto Dini che dice: "La proposta colpisce un solo tipo di ricchezza, la proprieta' immobiliare, e questo farebbe discutere -premette Dini all'ADNKRONOS-. Inoltre, per coloro che hanno l'immobile di proprieta' da molto tempo non si puo' dire che abbiano fino ad oggi goduto di una rendita. Per realizzarla, si pone il problema di come determinare il valore corrente di tutti gli immobili. Sara' un lavoro grande", dice ancora l'ex presidente del Consiglio.
"Inoltre, sarebbe un'imposta pesante su plusvalenze non realizzate. Questo normalmente non viene fatto dalla piu' parte dei sistemi tributari, perche' generalmente le plusvalenze si tassano al monento in cui sono realizzate, comprese le finanziarie", sono ancora le osservazioni di Dini.
E se il presidente della commissione Finanze del Senato, Mario Baldassarri (Fli) vede nella proposta il "tassare due volte il risparmio", chiedendo a Capaldo perche' "alle societa' immobiliari quotate in Borsa si e' accordata la cedolare secca...", per il presidente della Confesercenti Marco Venturi si tratta di una "follia, un debito accumulato in tanti anni di spesa facile non si puo' scaricare cosi'''. ''Gia' ci troviamo in una situazione di bassa crescita e con consumi ridottissimi - sottolinea il presidente - credo che il nostro obiettivo debba essere quello di far crescere il paese e non di cancellare il debito'' attraverso la sua distribuzione nel privato.
''Privatizzare il debito pubblico mi sembra una cosa un po' difficile da digerire'', commenta il parlamentare 'responsabile' Massimo Calearo, ex presidente di Federmeccanica, che lancia una proposta: ''Promuoviamo il mecenatismo alla Della Valle defiscalizzando chi investe in arte e cultura''.
''Facciamo nascere tanti mecenati -dice Calearo all'ADNKRONOS- sul modello di Della Valle che ha investito 25 milioni di euro per la ristrutturazione del Colosseo. L'Italia e' il piu' grande museo a cielo aperto; defiscalizziamo chi investe in arte e cultura''.
"Sappiamo che in giro c'e' voglia di patrimoniale perche' quando non si sa come attaccare i debiti si sceglie di colpire 'facilmente' i patrimoni" dice Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia. L'idea di una imposta straordinaria sulle plusvalenze immobiliarii, secondo Sforza Fogliani, "ipotizza 'un'ingiustizia nell'ingiustizia' perche' c'e' una parte del patrimonio immobiliare che non da' reddito, mi ricorda certe patrimoniali del passato, come quella sui gioielli. Anzi, sarebbe come un ripristino della vecchia Invim".
Netto anche il giudizio di Helga Thaler Ausserhofer (Svp), componente della commissione Bilancio di palazzo Madama: "Mi pare che la proposta di Pellegrino Capaldo pecchi di scarsa fantasia, perche' ripropone la vecchia ricetta della tassazione sulla casa, mentre noi diciamo no a nuove tasse sulla casa, e questo anche nell'ambito della discussione sul federalismo municipale".
Una proposta ''estrema'' che si colloca bene solo in un orizzonte da ''catastrofe e da 'day after''' dice il segretario confederale della Uil, Paolo Pirani, che all'Adnkronos spiega: ''E' una misura estrema, di risparmio forzoso che andrebbe contestualizzata in uno scenario di catastrofe gia' avvenuta'', osserva Pirani.
Per Lino Duilio del Pd, invece, l'idea non andrebbe "scartata a priori" ma andrebbe valutata "in un discorso piu' complesso''. ''L'idea di Capaldo non e' particolarmente nuova. Dell'argomento ha parlato di recente Amato e anche nella relazione di Veltroni c'e' una rievocazione. Si tratta di soluzioni -spiega - non possono essere affidate a boutade improvvisate. Intanto, perche', per come la macchina pubblica e' conciata, non e' facile realizzare un'operazione del genere''.
Di diverso avviso Stefano Fassina, responsabile Economia del Pd: ''La proposta di Pellegrino Capaldo, come altre proposte emerse negli ultimi giorni, sono sbagliate in quanto profondamente inique. Un'imposta patrimoniale ha senso in un contesto dove i doveri fiscali sono osservati e comunque andrebbe applicata a tutte le tipologie di ricchezza in Italia. L'enorme livello dell'evasione fiscale, farebbe gravare in modo insostenibile il carico sui soliti noti che gia' pagano troppo".

Caos primarie a Napoli, il Pd sospende l'assemblea nazionale. Saviano: "Rifatele"

La voce circolava già in mattinata alla Camera. Alla fine è arrivata la richiesta di Pier Luigi Bersani di sospendere l'assemblea nazionale del Pd, fissata per venerdì e sabato prossimi, dopo i "problemi" seguiti alle primarie nel capoluogo campano. "Adesso bisogna fare chiarezza. I problemi che sono emersi a Napoli dopo le primarie -dice il segretario in una nota- non possono condizionare il lavoro che si sta facendo nel Paese per costruire un'alternativa. Ho chiesto alla presidente Rosy Bindi di sospendere l'Assemblea nazionale, concepita anche per il lancio della candidatura a sindaco decisa dalle primarie, e chiedo un immediato incontro alla coalizione di centrosinistra che ha organizzato le primarie a Napoli per dare una risposta politica convincente ai problemi emersi dalla consultazione, al di là delle determinazioni procedurali della Commissione di garanzia".

Ritengo che questo -spiega Bersani- sia il modo più onesto e serio di corrispondere efficacemente alla straordinari volontà di partecipazione che i cittadini di Napoli hanno dimostrato. Dobbiamo infatti rivolgerci tutti alla nostra responsabilità principale: quella di non consentire che la destra fallimentare e impresentabile di Berlusconi e Cosentino possa prendere il governo della più grande città del Mezzogiorno, dalla quale deve invece venire un segnale di riscossa per il Sud e l'intero Paese".
Parole che ribadisce anche davanti ai giornalisti alla Camera. "Prima aggiustiamo Napoli e poi faremo l'assemblea nazionale a febbraio", dice Bersani spiegando che "a Napoli c'è un problema politico che va risolto. Noi dobbiamo battere la destra. Poi faremo l'assemblea e lanceremo il nostro messaggio di alternativa al Paese. Non potevamo permettere che quanto sta succendendo a Napoli, scalfisse il messaggio del Pd al Paese". Sull'ipotesi di annullare le primarie, Bersani sottolinea che "è una questione che riguarda la commissione di garanzia".
Prima ancora Roberto Saviano, intervenendo a 'Repubblica Tv', aveva chiesto nuove primarie a Napoli e aveva avanzato la candidatura di Raffaele Cantone, magistrato anti-camorra, nome già sostenuto da Walter Veltroni. Una proposta quest'ultima già valutata dal Pd. "Lo avevamo già contattato - fa osservare Bersani ai cronisti -. Cantone è una delle persone che abbiamo interpellato proprio per la stima che abbiamo per la persona".
Secondo Saviano "le primarie di Napoli rappresentano una grande occasione persa e una brutta figura nella misura in cui molti dei candidati hanno denunciato brogli". Tutto ciò "genera malessere a coloro che guardano al Pd come una realtà di legalità". "Cozzolino, che è il vincitore, respinge" le accuse di brogli definendole "illazioni", ma sarebbe meglio che chiarisse "non solo con un commento ma facendo rifare le primarie".
"Bisognerebbe rifare le primarie e chiarire immediatamente tutto. E' una bruttissima storia e l'immagine del Pd non ne viene rafforzata. I vertici nazionali del Pd intervengano", aggiunge Saviano che quindi suggerisce la candidatura di Cantone: "C'è da dire che in queste ore si rimpiange suo nome, sarebbe stata una garanzia contro tutto questo".

La sfiducia non passa alla Camera: ministro Bondi 'salvo' per 22 voti

L'Aula della Camera ha respinto le mozioni di sfiducia al ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi presentate dalle opposizioni. A favore della sfiducia hanno votato in 292, contro si sono espressi 314 deputati. Mozioni di sfiducia "espressione'', secondo il ministro, ''di un imbarbarimento della vita del nostro Paese", di "un cinismo della politica miope" che "non porta da nessuna parte" e "forse" l'intenzione dei presentatori era quella "di dare l'ennesima spallata al governo". Bondi interviene alla Camera e difende il suo operato non risparmiando un duro attacco agli avversari. Il ministro entra nel merito delle critiche rivoltegli anche nei documenti di sfiducia presentati da Pd, Idv e Terzo polo, a partire dalla questione del taglio delle risorse. "Voi pensate - dice - che tutti i problemi si risolvono con più soldi dello Stato. Penso invece che siano necessarie profonde e coraggiose riforme anche nel nel campo della cultura".
Quanto a Pompei, due anni fa, sottolinea, "si trovava in una condizione a dir poco vergognosa, di cui nessuno di noi può andare fiero e sentirsi esentato da ogni responsabilità, nemmeno chi vi parla. Ma posso dirvi che mi sono impegnato molto su Pompei e alcuni miglioramenti sono stati realizzati, anche se so bene che molto resta ancora da fare". In particolare, riguardo all'area di Pompei, Bondi ha auspicato ''che altre aziende, come nel caso del Colosseo, possano seguire l'esempio e partecipare al restauro di una delle più grandi realtà artistiche del mondo".
Il ministro ha quindi rivendicato gli interventi per migliorare la situazione nell'area archeologica di Roma, agli Uffizi di Firenze, alla Pinacoteca di Brera, rispetto alla situazione ereditata, e ha rivendicato i suoi "no" alla costruzione del parcheggio sotterraneo del Pincio, a Roma; alla costruzione della tramvia, a Firenze; all'edificazione dell'agro romano; a costruire davanti al palazzo di Mantova, "e forse ho anche pagato per questo".
In merito alle risorse, l'esponente del governo ha ricordato che "il colpo mortale al finanziamento della cultura" è stato dato dalla "sinistra", quando "nel 2007, presidente del Consiglio Romano Prodi, la legge finanziaria ha stabilito che i proventi dei biglietti di ingresso ai musei e alle aree archeologiche non fossero più assegnati al ministero dei Beni e delle attività culturali ma direttamente al Tesoro, per poi essere successivamente riassegnati al ministero nella misura massima del 50 per cento". Ciò ha significato per il dicastero "meno150 milioni di euro" e "l'onorevole Rutelli era vicepresidente del Consiglio".
Maggioranza e governo si sono stretti attorno al ministro. Al termine della sua replica, Bondi ha ricevuto molti attestati di solidarietà dai colleghi e in molti sono andati a stringergli la mano. I parlamentari della maggioranza gli hanno tributato un lungo applauso, alzandosi in piedi.
Con la "dissennata mozione" nei confronti del ministro dei Beni culturali "state dando un contributo al consolidamento del governo e di questo vi ringraziamo" ha affermato il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, rivolto alle opposizioni. E un voto ''convinto'' e ''unito'' contro la sfiducia lo ha annunciato in Aula per la Lega Marco Reguzzoni, che ha parlato di dibattito ''politicamente sbagliato''.
Voto contrario alla sfiducia anche da parte dei 'responsabili'. Saverio Romano ha invitato il terzo polo a ''ritirare la mozione'' ed evitare ''un'inutile conta''. Ma Fabio Granata a nome di Fli ha chiesto invece al ministro ''un gesto di dignità personale".
Il Pd ha ribadito la richiesta di dimissioni anche di Berlusconi. Cinque i parlamentari democratici assenti al voto, per documentate ragioni di salute. ''Votiamo la sfiducia a lei e ripetiamo che questo Paese ha bisogno di un cambiamento radicale e di un nuovo governo - ha detto nel suo intervento Michele Ventura, vicepresidente vicario dei deputati del Pd - Accettate, dunque, le nostre proposte: lei, ministro, lasci il ministero dei Beni culturali, un ministero che non è stato capace di far funzionare o che forse non ha amato. Berlusconi si dimetta. E allora riusciremo a parlare anche di vero federalismo, di cultura, di un'altra Italia".
A scatenare la dura reazione della maggioranza sono state le parole di Pier Felice Zazzera dell'Idv. "Lei è il peggior ministro della Cultura" ha detto rivolto a Bondi, e ''meriterebbe un metaforico calcio nel sedere". Urla, fischi e parole poco gentili sono volati all'indirizzo del dipietrista che in Aula ha attaccato il ministro definendolo tra l'altro "giullare di corte".
A dargli man forte il collega di partito Francesco Barbato che ha esposto il cartello 'villaggio preistorico di Nola', secondo l'Italia dei Valori ignorato dai Beni culturali. Sono dovuti intervenire gli assistenti parlamentari che hanno strappato il cartello dalle mani di Barbato, tra i fischi e le urla dei deputati della maggioranza.
In Aula hanno confermato la sfiducia Api e Udc, mentre la Svp ha annunciato l'astensione.

23 gennaio 2011

La repubblica "affondata" sul lavoro: un giovane su quattro è 'nullafacente'

In Italia e' occupato il 57,5 per cento della popolazione nella fascia di eta' 15-64 anni mentre resta preoccupante il dato sulla disoccupazione giovanile: un ragazzo su quattro e' senza lavoro. In 'Noi Italia', il dossier con cui l'Istat disegna il quadro del Paese attraverso 100 statistiche, viene spiegato come permangono notevoli le differenze di genere: le donne occupate sono il 46,4 per cento, gli uomini il 68,6.
Nel 2009, sono sempre dati Istat, il tasso di occupazione e' diminuito di 1,2 punti percentuali rispetto al 2008 dopo un lungo periodo di crescita, tornando ai livelli del 2005. I livelli dell'occupazione nazionale restano ben al di sotto delle medie europee, soprattutto per quando riguarda la componente femminile. Il tasso di occupazione della popolazione in eta' 55-64 anni e' pari al 35,7 per cento, in aumento rispetto al 2008 e in controtendenza rispetto a quanto avvenuto per l'occupazione nel suo complesso. Il tasso di inattivita' della popolazione tra i 15 e i 64 anni nell'Unione europea e' pari al 28,9 per cento. L'Italia, con il 37,6 per cento, si colloca al terzo posto della graduatoria a 27 paesi. Spicca il valore particolarmente elevato dell'inattivita' femminile (48,9 per cento).
Capitolo giovani: nel nostro Paese il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) e' pari al 25,4 per cento, in aumento di oltre quattro punti rispetto all'anno precedente e superiore a quello medio dell'Unione (19,8 per cento). La quota di unita' di lavoro irregolari e' pari all'11,9 per cento. Nel Mezzogiorno puo' essere considerato irregolare quasi un lavoratore su cinque; nell'agricoltura circa uno su quattro.

Maroni: 'tregua' maggioranza-opposizione. Il Pd: proposta singolare

Non piace al Pd la 'tregua istituzionale' proposta dal ministro dell'Interno Roberto Maroni per ''tornare alle cose che interessano i cittadini'', dopo ''l'abbuffata di culi e tette nel caso Ruby''. Al numero due della Lega, che, in una lettera aperta sul ''Corriere della Sera'', chiedeva ''a maggioranza e opposizione di deporre le armi'' e ''di tornare ad occuparci a tempo pieno di quello per cui siamo stati eletti", replica secca la vicepresidente del Pd Marina Sereni, che parla di una proposta ''quanto meno singolare'' e sottolinea: ''Il suo appello è tardivo e comunque mal indirizzato: se c'è qualcuno a cui oggi la Lega deve chiedere un sussulto di responsabilità quello è Berlusconi''
Rincara la dose il coordinatore della segreteria nazionale del partito, Maurizio Migliavacca: ''Se l'Italia oggi è bloccata e ingovernata la colpa ricade sul governo e sulla sua maggioranza. E di questa grave situazione la Lega porta una responsabilità enorme'', sottolinea. E aggiunge: ''Se si vuole dare una svolta non servono generici appelli'', ma un ''progetto che segni la riscossa del Paese di fronte a un degrado etico, civico e politico in cui Berlusconi ci ha trascinato in questi anni''.
Ricorre al sarcasmo, invece, Luigi de Magistris, eurodeputato Idv e responsabile nazionale Dipartimento giustizia del partito, secondo il quale l'analisi del ministro dell'Interno ''è largamente condivisibile ma purtroppo si squalifica totalmente per via del pulpito da cui proviene''. ''Se ha un pizzico di coerenza, Maroni rivolga il suo appello a Berlusconi'', attacca l'ex magistrato.
Futuro e libertà, per voce del coordinatore nazionale, Adolfo Urso, giudica ''apprezzabile'' la ''tregua offerta da Maroni'', ma sembra ritenerla un'ipotesi percorribile solo nel caso in cui il premier Silvio Berlusconi ''si presenti nelle sedi competenti per spiegare quanto accaduto'', cioè dai magistrati.
Sul fronte della maggioranza, c'è invece apprezzamento per le parole del ministro leghista. In particolare, Maroni pone una questione ''di buon senso'', secondo il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, che però dice di temere che l'appello ''possa cadere nel vuoto'', mentre il ministro della Giustizia Angelino Alfano sottolinea come l'uscita del titolare del Viminale sia ''esattamente nelle corde non solo del premier Berlusconi ma di tutti noi''.

Alfano: ''Berlusconi si ricandiderà e vincerà, adesso come nel 2013''

Sia che si voti nel 2013, sia che si vada a elezioni anticipate, dopo questo governo Berlusconi, ci sarà un'altro esecutivo con il Cavaliere premier. E' la convinzione che esprime il ministro della Giustizia Angelino Alfano, intervistato a Sky Tg24."Penso che questo governo andrà avanti - premette il Guardasigilli - Ritengo che per governare il Paese occorra vincere le elezioni e l'unico che le ha vinte per il campo del centrodestra è Berlusconi, che si ricandiderà e credo che rivincerà".
Per Alfano, "ciò accadrà nel 2013 se arriveremo a fine legislatura oppure prima se la legislatura terminerà anticipatamente. E chi vincerà le elezioni andrà a Palazzo Chigi. Noi lo stiamo aiutando a governare l'Italia, ma le elezioni le ha vinte lui".

Nessun governo guidato a Tremonti o da Alfano, dunque? "Io credo che ci sarà un nuovo governo Berlusconi se si andrà al voto subito; se no, ci sarà un altro governo Berlusconi nel 2013. La sostanza della democrazia è che governa chi vince le elezioni, non uno a cui Berlusconi metta la spada sulla spalla", conclude il ministro escludendo qualunque forma di 'investitura' politica.
A proposito del caso Ruby, Alfano chiede "giustizia e non giustizialismo". "Chiediamo giudizi e non pregiudizi - continua il responsabile del dicastero della Giustizia - ci sottoponiamo a un giudizio di moralità ma non di moralismo". Poi chiarisce: "Non è vero che Berlusconi non va dai magistrati. Berlusconi non va dai pm". Si tratta di "una strategia che la legge italiana consente all'indagato. Penso che si recherà dai giudici, quando la questione dovesse riguardare non i pm ma i giudici, ovvero i giudici naturali precostituiti per legge come sostiene la Costituzione". "Berlusconi non si è mai sottratto ai giudici - ribadisce Alfano - Le parcelle degli avvocati che lui spesso cita sono le prove del fatto che è stato difeso sempre di fronte ai giudici".

Marcegaglia: governo insufficiente Tremonti presidente? Perché no

"Da sei mesi a questa parte l'azione del governo non è sufficiente". E' quanto afferma il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ospite dalla trasmissione 'Che tempo che fa' in onda questa sera. Commentando i dati forniti da Bankitalia sull'economia italiana, Marcegaglia sottolinea come, tra i tanti aspetti "la mancanza di crescita incattivisce la società. Il paese si deve concentrare su questo tema perché è un tema economico ma anche morale ed etico. Tutto il paese -aggiunge - si deve concentrare e tornare a produrre benessere perché ormai si parla di tutto tranne che di questo".
Quindi Marcegaglia ricorda come "nei primi anni della crisi il governo ha tenuto i conti pubblici a posto. E questo è stato molto importante. Alcune cose sono state fatte ma ora serve di più".
E su Giulio Tremonti nuovo presidente del Consiglio, la Marcegaglia apre. "Il nuovo primo ministro - sottolinea Marcegaglia - deve avere la maggioranza parlamentare ed essere indicato dagli elettori. Se ci sono le condizioni perché Tremonti abbia queste caratteristiche -evidenzia- perché no?".
Detto questo, il presidente di Confindustria dichiara di aver rifiutato in passato il ruolo di ministro dello Sviluppo economico perché "in una società moderna ci sono tanti ruoli. Io ero appena stata rieletta in Confindustria con il 99% dei voti. E sarebbe stato tradire quella fiducia".
Secondo il leader degli industriali l'ipotesi di elezioni anticipate è subordinata alla capacità che l'attuale governo ha di fare al più presto riforma attese dal paese. "Penso che in un paese serio -afferma il presidente di Confindustria- ciascuno deve fare il proprio mestiere. Non spetta a Confindustria decidere se si debba andare o meno alle elezioni. Ma nelle prossime settimane il paese ha bisogno di capire se il governo è in grado di fare le riforme altrimenti bisognerà fare un'altra scelta. Non si può più aspettare. Serve stabilità, non fine a se stessa ma per promuovere riforme".
Quindi, commentando i fatti di cronaca degli ultimi giorni, Emma Marcegaglia fa notare come "dai giornali sia italiani che esteri esce un'immagine dell'Italia non positiva. Io invece -scandisce- sottolineo sempre che c'è un'altra Italia fatta di gente che va a letto presto e si sveglia presto, che va a lavorare, che produce, che fa impresa, che si impegna. C'è un'altra parte del paese che bisogna promuovere".
Tornando all'economia, la numero uno di viale dell'Astronomia denuncia poi il blocco degli investimenti: ''Abbiamo migliaia di euro di investimenti in infrastrutture che sono bloccati in tutto il paese. E' necessario sbloccare tutto questo e denunciare chi li blocca", sottolinea.
Infine, Fiat. Secondo la leader degli industriali, la vicenda Mirafiori non segna il tramonto del contratto nazionale di lavoro. "Finora - spiega - abbiamo lavorato con la logica che una cosa vale per tutti, ma questa logica non funziona più. Dobbiamo trovare il modo per cui -dice Emma Marcegaglia- ogni impresa, attraverso le relazioni con i sindacati, possa aumentare la propria competitività". Insomma, per il presidente di Confindustria, ''ci possono essere anche aziende che non firmano il contratto nazionale e sottoscrivono quello aziendale. E' una possibilità che in Germania esiste dal 2005 ma solo il 7% ha scelto il contratto aziendale. Quindi sono convinta - conclude - che manterremo il contratto nazionale".

Berlusconi: "Tentativo eversivo, non fuggo e non mi dimetto"

"Siamo davanti a un tentativo di modificare gli equilibri politici del paese" usciti dalle elezioni. "Ancora una volta" si è fatto "ricorso all'uso politico della giustizia. Io ho reagito ad una autentica aggressione giudiziaria, mediatica, politica. Per cui io non ci sto, non fuggo, non mi dimetto come gli aggressori pretendevano visto che questa operazione era già riuscita nel '94". Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusocni, intervenuto telefonicamente ad un convegno promosso dal Pdl a Milano. Adesso, aggiunge, "addirittura secondo alcune forze politiche, Di Pietro, Bersani e il cosiddetto terzo polo, sarei io che aggredisco perchè mi difendo e reagisco a quello che è un autentico tentativo di eversione".
BERSANI: "SI DIMETTA, SIAMO PRONTI AL VOTO" - "Tutto è meglio di questo, anche le elezioni. Noi siamo pronti e le vinciamo: la situazione è drammatica. Berlusconi lasci, si dimetta". Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, nel suo discorso al Lingotto di Torino.
CASINI: "SE IL GOVERNO SI PREOCCUPA DEL BUNGA A BUNGA, MEGLIO LE ELEZIONI" - "Se dobbiamo avere un governo che si preoccupa del bunga bunga e non dei problemi degli italiani le elezioni sono una soluzione positiva". Così Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, ai microfoni di Sky Tg 24. "Io mi augurerei- aggiunge- che ci fosse un governo che più che impegnato affannosamente a difendere Berlusconi nei talk show televisivi si preoccupasse di quello che è il rilancio dell'economia, perchè siamo il paese in Europa che cresce di meno".

Napolitano: "Alterato il rispetto reciproco tra giudici e politica. Nelle leggi le garanzie per il giusto processo"

Da anni mi sto spendendo per sollecitare quell'equilibrio e quel rispetto reciproco che appaiono spesso alterati, con grave danno sia per la politica che per la giustizia. Troppe sollecitazioni sono cadute nel vuoto. Troppe occasioni sono state perdute. E oggi ne paghiamo il prezzo". Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la giornata dell'informazione 2011 al Quirinale: "La cronaca giudiziaria" sta diventando "materia sempre più che mai scottante", sottolinea.
"Nella Costituzione e nella legge possono trovarsi i riferimenti di principio e i canali normativi e procedurali per far valere insieme le ragioni della legalità nel loro necessario rigore e le garanzie del giusto processo", prosegue Napolitano. "Fuori di questo quadro- aggiunge il capo dello Stato nei giorni dell'inchiesta della Procura di Milano che vede il premier Berlusconi indagato per concussione e prostituzione minorile, con quest'ultimo che attacca duramente i magistrati milanesi- ci sono solo le tentazioni di conflitti istituzionali e di strappi mediatici che non possono condurre, per nessuno, a conclusioni di verita' e di giustizia". Quindi aggiunge: "Spero e confido che di ciò ci si renda conto sempre piu' diffusamente da ogni parte e al di la' delle diverse appartenenze politiche".
Nel corso della giornata dell'Informazione 2011, Napolitano aggiunge che "un valido equilibrio" e' "sempre indispensabile nel rapporto tra chi e' costituzionalmente deputato a esercitare il controllo di legalita' e ha specificamente l'obbligo di esercitare l'azione penale e chi e' chiamato, nel quadro istituzionale e secondo le regole della costituzione, a svolgere funzioni di rappresentanza democratica e di governo".
"GIUSTIZIA, EVITARE ESASPERAZIONI E TENSIONI" - Napolitano invita ad abbassare i toni, in un momento delicato di "esasperazioni e tensioni" sul problema della giustizia. "Pur senza rinunciare alla prospettiva di scelte organiche e riforme condivise capaci di risolvere alla radice il problema della giustizia, occorre nell'immediato scongiurare ulteriori esasperazioni e tensioni che possono solo aggravare un turbamento largamente avvertito e riconosciuto, e suscitare un effetto di deprimente lontananza dallo sforzo che si richiede per superare le molteplici prove cui la comunita' nazionale deve far fronte".
AFGHANISTAN - Serve "la necessita' di una severa consapevolezza delle prove che l'Italia sta affrontando in questa difficile fase della sua storia, tra le quali anche la prova degli impegni piu' ardui e rischiosi in seno alla comunita' internazionale per obiettivi di rafforzamento della pace, della sicurezza collettiva, della tutela di valori di tolleranza e di convivenza civile, contro la distruttiva violenza e minaccia del terrorismo". Lo dice il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante la giornata dell'informazione 2011 al Quirinale, parlando della situazione in Afghanistan. "Vengo dalla tristissima e insieme commovente e solenne cerimonia- spiega- dell'estremo omaggio alle spoglie del caporal maggiore scelto Luca Sanna caduto in Afghanistan".(AGENZIA DIRE, http://www.dire.it/)

10 gennaio 2011

Federalismo, Bossi ottimista: "Con Fini e Casini terreno positivo, andrà tutto bene"

Sull'approvazione dei decreti attuativi sul federalismo fiscale il leader della Lega Nord Umberto Bossi e' ottimista. "Domani il ministro Calderoli tasta un po' il terreno con i vari finiani e con Casini, mi pare ci sia un terreno positivo". Il percorso federalista fiscale e' ben avviato, 3 degli 8 decreti attuativi sono gia' legge, ma c'e' attesa per i lavori che riprendono proprio domani nelle commissioni della Camera. "Speriamo -spiega Bossi intervistato da Telepadania- che tutto vada bene. Sono convinto che tutto andra' bene. Stiamo parlando -conclude- un po' con tutti ".
Per Bossi il federalismo fiscale sara' "il risorgimento degli enti locali, dei Comuni, delle Province e delle Regioni". Secondo il leader della Lega "con 150 anni di ritardo piano piano il progetto federalista di Cavour si realizza. Cavour -conclude- ha avuto un grosso difetto: morire troppo giovane". 

9 gennaio 2011

Pd, Veltroni smentisce il "congresso anticipato". Ma è gelo con Bersani

"Leggo sui giornali di indiscrezioni che riguardano mie decisioni sulla vita interna del Pd e conseguenti sgraziate risposte varie ad esse. Posso semplicemente dire che non so di cosa si parli". Cosi' Walter Veltroni smentisce la presunta richiesta di "congresso anticipato" del Pd, ma attacca Bersani che a quanto riporta Repubblica avrebbe risposto: Il congresso anticipato "lo vadano a dire davanti ai cancelli della Fiat, li inseguiranno con i forconi".
In una nota Veltroni puo' "semplicemente dire che nessuno ha chiesto una mia opinione sulle suddette indiscrezioni e che pensavo che le numerose smentite di persone a me vicine fossero sufficienti a far capire l'infondatezza di spifferi che come tutti sanno non sono nel mio stile ma che, conoscendo la serieta' di chi le ha riportate, sicuramente nascono da qualcuno. Qualcuno, non me. Che non sono interessato a null'altro che ad una vera discussione sull'identita' programmatica del Pd, come ho cercato di fare nella mia lettera a la Stampa".
L'ex segretario si dice "convinto che le attuali difficolta' del Pd e del centrosinistra a costruire una alternativa riformista credibile al berlusconismo meritino un dibattito vero, sincero, unitario. Questo, non altro, e' il senso dell'appuntamento del Lingotto. Che dopo gli estenuanti inseguimenti di alleanze rese difficili proprio dalle difficolta' di identita' del Pd riporti l'attenzione su di noi. Il Lingotto sara' una tappa di quel risveglio dell'orgoglio riformista, quello che per farmi meglio capire ho chiamato Pd pride. Questo, non altro".(AGENZIA DIRE, http://www.dire.it/)

Crisi economica, allerta Ocse: ''Non è finita, restano delle fragilità nel sistema''


La crisi non è finita, perché nel sistema economico internazionale sono ancora presenti molte delle fragilità messe a nudo dalla crisi". E' lo scenario tracciato da Pier Carlo Padoan, capo economista dell'Ocse, che riecheggia le valutazioni espresse ieri dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Padoan sottolinea i tre elementi di preoccupazione sullo scenario globale. ''Il primo - spiega - è il "debito, che diversi Paesi europei devono ancora stabilizzare in modo definitivo mentre alcuni sistemi bancari restano esposti al rischio sovrano. Insomma, abbiamo avuto una enorme esplosione del debito pubblico, che ha sostituito il debito privato".C'è poi - aggiunge - la cosiddetta 'guerra delle valute' che continua in assenza di accordi di cooperazione provocando squilibri globali: vediamo, ad esempio, Paesi emergenti alle prese con la creazione di inflazione e un tasso di cambio che si apprezza per via proprio dei forti afflussi di capitale". Per il capo economista dell'Ocse, il terzo elemento "è il ritorno degli aumenti vertiginosi dei prezzi delle materie prime energetiche e alimentari". Se quindi ''mettiamo assieme questi tre elementi - spiega Padoan - non possiamo che convenire che l'emergenza globale non è definitivamente passata".

Lo scenario sembra così tornato alle posizioni pre-crisi di inizio 2008, ma Padoan sottolinea il valore degli interventi "di questi ultimi 2 anni che ci hanno permesso di evitare il baratro: subito dopo il fallimento di Lehman Brothers il mondo era su bordo delle depressione, non della recessione".
"Il peggio - ricorda il capo economista Ocse - è stato evitato da interventi concordati ma se la gestione dell'emergenza è stata efficace è mancata invece la fase post-emergenza, con la ricostruzione di un sistema economico stabile. Il G20 ha funzionato bene durante la crisi ora bisogna rimboccarsi le maniche".
"Se guardiamo alla storia delle crisi - sottolinea - è evidente che 'quando la casa brucia tutti aiutano a spegnere': dopo, tuttavia, quando servono decisioni più impegnative gli interessi nazionali cominciano a divergere".
Padoan non è d'accordo con chi invoca un atteggiamento più duro nei confronti degli istituti di credito, escludendo interventi pubblici per il loro salvataggio: "Vorrei ricordare che una delle ragioni del fallimento di Lehman Brothers è stata la decisione delle autorità americane di staccare la spina, per dare un segnale ai mercati. Ebbene, abbiamo visto che questa scelta in realtà ha accelerato una reazione a catena".
Ma ora, aggiunge, "per uscire dalla crisi non ci sono scorciatoie ma una exit strategy si poggia su tre pilastri: il primo è rappresentato da azioni di consolidamento fiscale per evitare che il debito pubblico sia una fonte di crisi per Paesi europei non solo periferici. Il secondo pilastro vede il completamento della 'pulizia' del sistema finanziario, mettendo a posto bilanci e definendo regolazioni che impediscano rischi eccessivi; un'operazione per la quale servirà qualche anno, i tempi di implementazione di Basilea 3 saranno lunghi". Infine, ''bisogna ritornare a crescere. E questa - dice Padoan - è la parte più difficile perché le ricette a nostra disposizione non operano nell'immediato ma nel medio termine".
E aggiunge: ''Se gli europei si indebitano con i cinesi, che promettono di acquistare i loro titoli pubblici, può essere anche una fonte di crescita: dipende dalla destinazione che gli Stati daranno a questo debito'' commenta Padoan circa le ultime iniziative di Pechino, come il sostegno all'economia spagnola, attraverso l'impegno all'acquisto di 'bonos' di Madrid. La Cina ha fatto lo stesso negli Usa dove, ricorda, ''possedeva forti quote delle società di erogazione mutui Fannie Mae e Freddie Mac''. Ma ''il destino dell'Europa - aggiunge - deve restare nelle sue mani: la Cina non si deve sostituire agli europei'' nel definire le scelte del futuro prossimo.
In ogni caso ''quello dei flussi di capitale a livello internazionale è il grande tema dei prossimi anni: più le economie si diversificano più diventano importanti i flussi di capitale fra le regioni. Pertanto - precisa Padoan - serve un sistema che li renda sostenibili, per far sì che siano orientati a lungo termine e siano veicoli di crescita''. Poi, sull'economia statunitense, dice: ''Certo, negli Usa si registra una ripresa ma la crescita è ancora ancora debole mentre il debito continua a salire a tassi insostenibili''.
Più in generale, Padoan invita a un approccio 'costruttivo' al tema del default di qualche Paese: ''Non è un'ipotesi che mi fa paura di per sé - osserva - non ci vedo niente di strano nel considerarla, da una parte perché non è una prospettiva inevitabile ma anche perché è un evento che nella storia si è ripetuto in diversi modi: c'è il modo rovinoso, in cui tutto il sistema crolla, ma anche un modo 'controllato'''.
Insomma, per il capo economista dell'Ocse l'insolvenza di un Paese ''è un'ipotesi da considerare se parte del suo debito diventa insostenibile: sarebbe miope dire che i default non esistono, sono una malattia, che peraltro è prevista nel sistema privato''. L'importante, conclude, è ''ricordare che ci sono gli strumenti tecnici e legali per far sì che gli effetti non siano rovinosi per il sistema economico''.

Disoccupazione record tra i giovani: è al 28,9%.

Aumento record per la disoccupazione giovanile. Il tasso dei senza lavoro tra i giovani dai 15 ai 24 anni è salito a novembre al 28,9%, il livello più elevato dal gennaio del 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche mensili. Lo rileva l'Istat in base a dati destagionalizzati e alle stime provvisorie, basate su un campione. Il tasso aumenta ''di 0,9 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a novembre 2009'', aggiunge l'Istat.Per quanto riguarda il dato generale, ''il numero delle persone in cerca di occupazione risulta in diminuzione dello 0,4 per cento rispetto ad ottobre e in aumento del 5,3 per cento rispetto a novembre 2009. Il tasso di disoccupazione, pari all'8,7 per cento, diminuisce rispetto a ottobre di 0,1 punti percentuali; in confronto a novembre 2009 il tasso di disoccupazione registra un aumento di 0,4 punti percentuali''.
''A novembre 2010 il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni aumenta dello 0,1 per cento rispetto a ottobre e dello 0,6 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il tasso di inattività, pari al 37,8 per cento, è invariato rispetto al mese precedente e in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto a novembre 2009''.
''Sulla base delle informazioni finora disponibili - si legge nella nota dell'Istat -, il numero di occupati a novembre 2010 (dati destagionalizzati) risulta in aumento rispetto a ottobre dello 0,2 per cento e dello 0,1 per cento rispetto a novembre 2009. Il tasso di occupazione, pari al 56,8 per cento, risulta in crescita di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e in riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente''.
''A novembre 2010 l'occupazione maschile diminuisce dello 0,1 per cento rispetto al mese precedente e dello 0,8 per cento rispetto al corrispondente mese dell'anno precedente. L'occupazione femminile aumenta dello 0,7 per cento rispetto a ottobre e dell'1,4 per cento su base annua. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,4 per cento, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,7 punti percentuali negli ultimi dodici mesi. Il tasso di occupazione femminile a novembre 2010 è pari al 46,3 per cento, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto a ottobre e di 0,4 punti percentuali rispetto a novembre 2009'', continua l'Istat.
''La disoccupazione maschile risulta in diminuzione del 2,1 per cento rispetto al mese precedente e in aumento del 5,5 per cento rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. Il numero di donne disoccupate aumenta dell'1,5 per cento rispetto a ottobre e del 5 per cento rispetto a novembre 2009. Il tasso di disoccupazione maschile è pari al 7,8 per cento, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto a ottobre e in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto a novembre 2009. Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10 per cento, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,3 punti percentuali su base annua'', aggiunge la nota.
''Gli uomini inattivi aumentano dell'1,2 per cento tra ottobre e novembre 2010 e del 2,5 per cento su base annua; il numero di donne inattive risulta in diminuzione dello 0,5 rispetto a ottobre e dello 0,4 per cento rispetto a novembre 2009'', conclude l'Istat.
Commentando i dati, il ministro del lavoro, Maurizio Sacconi , sottolinea: ''L'indagine Istat mensile disegna un quadro della occupazione sostanzialmente stabile". "Il modesto aumento degli occupati - relativamente al mese di novembre su novembre 2009, comunque per la prima volta dall'inizio della crisi - dovuto alla componente femminile, si confronta con il consolidarsi della disoccupazione giovanile soprattutto nel Mezzogiorno", aggiunge il ministro. Nei prossimi giorni il governo, osserva il ministro, incontrerà le Regioni per definire l'impiego degli ammortizzatori sociali . Sempre nei prossimi giorni, si riunirà la cabina di regia per l'attuazione del Piano nazionale per l'occupabilità dei giovani.
Per l'opposizione invece ''i dati dell'Istat sono molto allarmanti''. ''Il tasso reale di disoccupazione lo scorso dicembre - afferma in una nota il responsabile Welfare dell'Italia dei Valori, Maurizio Zipponi - è arrivato all'11%, contando tutte quelle persone che, pur avendo dei sussidi, non hanno più il posto di lavoro". E si muovono anche i Consumatori. I presidenti dell'Adusbef, Elio Lannutti, e di Federconsumatori, Rosario Trefiletti, sottolineano in una nota congiunta : ''E' una situazione tragica che necessita risposte adeguate da parte del governo''.

Buttiglione: ''L'Udc ha già scelto. Adesso sta al Pd e al Pdl dirci cosa vogliono fare''

L'Udc ha già scelto. Ora sono il Pd e il Pdl che devono dirci cosa vogliono fare". Rocco Buttiglione rilancia la palla nella metà campo di Silvio Berlusconi e Pierluigi Bersani. L'intervista al 'Riformista' di Massimo D'Alema, che sollecita Pier Ferdinando Casini a non tenere in vita il governo, e l'intervento di Sandro Bondi al 'Corriere', che esorta l'opposizione a farsi carico dei problemi del Paese e a cooperare in Parlamento con la maggioranza, sono il menù di giornata.
Il presidente dell'Udc non si sottrae e spiega: "Noi abbiamo scelto da tempo da che parte stare. L'Udc - dice in un'intervista all'Adnkronos - ha scelto di fare un'opposizione di centro, non faziosa, orientata al bene comune. L'opposizione deve fare il proprio mestiere e tra i suoi compiti c'è eventualmente anche quello di far cadere il governo".
"Tuttavia ci sono due modi per mettere un governo in minoranza: giocando allo sfascio o mettendolo di fronte alle proprie contraddizioni, incalzandolo sui provvedimenti ma senza sottrarsi al confronto. Noi abbiamo scelto questa seconda linea. Piuttosto sono gli altri, Bersani e Berlusconi, che devono dirci cosa vogliono fare e chi dei due sceglie la linea dell'Udc". Finora, osserva Buttiglione, questa chiarezza non c'è stata.
"Il Pd - domanda ancora il presidente dell'Udc - cosa vuole fare? Sceglie di fare con noi un'opposizione responsabile, orientata al bene comune, oppure vuole lasciarsi trasportare da chi punta a distruggere piuttosto che costruire? Mi sembra che il Pd arrivi a questo crocevia abbastanza diviso. Bersani e D'Alema ci chiamano, ma rappresentano l'idea di tutto il Pd? Il fatto che si siano rivolti a noi mi sembra un modo per prendere tempo e mettere la sordina alle divisioni, cercando di rimettere un partito, abbastanza in difficoltà, al centro del confronto".
Il discorso non è molto diverso per Berlusconi che "è alla guida di un governo di minoranza e che si è salvato grazie a un'indegna compravendita di deputati, screditando ulteriormente un Parlamento già piuttosto malmesso. Anche il presidente del Consiglio ha di fronte a sé due strade: o continua a vivere di stenti, illuso dal suo delirio di onnipotenza; oppure accetta il confronto in Parlamento su temi che interessano i cittadini. Se per esempio Berlusconi e Tremonti si presentassero con una seria riforma del fisco che sostiene famiglie e imprese, l'Udc la voterebbe. Bondi ha detto una cosa giusta: se lo fa Obama, perché non può farlo Berlusconi?".
Quanto a Bondi, Buttiglione anticipa poi uno dei temi della ripresa dell'attività parlamentare: il voto sulla mozione di sfiducia individuale contro il ministro. "Il problema - rileva - non è il crollo di Pompei ma più in generale come ha amministrato il ministero. Bondi è stato troppo remissivo, ha accettato senza protestare le decisioni di Tremonti e ha sbagliato. Come voterò? Lo vedremo al momento opportuno - conclude Buttiglione - sono diviso tra la stima personale e il giudizio drammaticamente negativo sulla gestione del ministero. Quel che è certo è che Bondi non doveva arrivare a questo punto. Avrebbe dovuto dare le dimissioni già da un bel pezzo".
All'Adnkronos interviene anche il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, che si dice ''sconcertato'' dalla proposta di D'Alema di una alleanza ampia per battere il premier. L'opposizione ''manca di una proposta alternativa chiara. Anziché avanzare una idea forte su cui chiedere il consenso degli elettori continua a proporre come unico cemento di una futura alleanza l'antiberlusconismo'' afferma Matteoli.
''Al di là delle cattiverie su Berlusconi - sottolinea - trovo sconcertante che D'Alema dica a Casini vieni con noi non per un programma condiviso ma contro Berlusconi. Sconcerta la mancanza di proposta. Si dice: mettiamoci tutti insieme per battere Berlusconi. E dopo? Oggi già è difficile governare con partiti omogenei. Figuratevi cosa può fare una maggioranza da Vendola a Casini. Dopo tre mesi è finita''.
Sulla questione arriva anche una nota di Paolo Bonaiuti. ''Finite le feste natalizie, gli italiani chiedono al governo di andare avanti. E il governo porterà subito a termine le riforme già avviate, come il federalismo, e altre ne metterà in cantiere. L'opposizione non c'è - rimarca il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - sogna soltanto improbabili ammucchiate di forze diverse e divise sui valori, sui principi, su tutto''.

8 gennaio 2011

Unità d'Italia, Napolitano punge la Lega: "Non celebrarla indebolisce il federalismo"

REGGIO EMILIA - Sono iniziate alle 9.20 di questa mattina a Reggio Emilia, la città dove nacque il Tricolore, le celebrazioni ufficiali per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia (1861-2011). Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è arrivato poco dopo le 9.15 in piazza Prampolini per assistere all'alzabandiera. Accolto dall'inno di Mameli e da un lungo applauso della folla assiepata in piazza, Napolitano ha passato in rassegna le forze armate e quindi è salito sul palco allestito in piazza. Vicino a lui il sindaco di Reggio, Graziano Delrio, la presidente della Provincia, Sonia Masini, il governatore dell'Emilia Romagna, Vasco Errani, e i sindaci di Torino, Firenze e Roma, Sergio Chiamparino, Matteo Renzi e Gianni Alemanno, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e l'ex premier Romano Prodi. In un secondo momento, è arrivato anche Giuliano Amato, garante delle celebrazioni per l'Unità d'Italia.
Dopo la breve cerimonia in piazza, il capo dello Stato è entrato nella sala del Tricolore dove ha consegnato, insieme a Delrio, una copia del primo Tricolore adottato come bandiera dalla Repubblica Cispadana nel 1797 ai sindaci delle tre capitali d'Italia: Torino, Firenze e Roma. Delrio ha ricordato che proprio nella sala del Tricolore fu fondata la Repubblica Cispadana e adottata la bandiera; e la consegna del vessillo oggi serve "a rivisitare e attualizzare quell'episodio". Il primo cittadino di Reggio ricorda anche che il primo Tricolore è anche "appeso alle pareti dei magistrati che lottano contro la 'ndrangheta ed è stato donato ai ragazzi delle cooperative sociali della Locride che sono i nuovi partigiani e patrioti".
Napolitano ha poi consegnato una copia della Costituzione ad alcuni studenti delle scuole superiori della città com'è tradizione a Reggio dove viene regalata una copia della Carta costituzionale a chi compie 18 anni. Alcuni bambini delle elementari hanno poi consegnato al capo dello Stato un loro Tricolore elaborato in classe. In seguito, Napolitano ha visitato il museo del Tricolore dove è allestita la mostra "La bandiera proibita" e ha incontrato l'astronauta italiano Roberto Vittori, viterbese, colonnello dell'Aeronautica militare, reduce dalla sua terza missione nello spazio.
L'UNITA' PER IL FEDERALISMO - Rispettare il valore anche costituzionale della bandiera nazionale e impegnarsi nella promozione di iniziative per celebrare il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia. Questo il monito lanciato in sintesi oggi a Reggio Emilia dal presidente della Repubblica. Il capo dello Stato non risparmia per altro -anche senza citarla- una stoccata alla Lega Nord i cui amministratori si sono in diverse occasioni detti contrari alle celebrazioni per l'Unità. Napolitano infatti, ricorda "a forze politiche che hanno un significativo ruolo di rappresentanza democratica sul piano nazionale, e lo hanno in misura rilevante in una parte del Paese" che "il ritirarsi o il trattenere le istituzioni dall'impegno per il centocinquantenario, che è impegno a rafforzare le condizioni soggettive di un'efficace guida del Paese, non giova a nessuno". In particolare, dice il presidente, non giova a rendere più persuasive, potendo invece solo indebolirle, legittime istanze di riforma federalista e di generale rinnovamento dello stato democratico.
Nel suo intervento Napolitano ricorda anche che il riferimento alla bandiera Tricolore è inserito nell'articolo 12 della Costituzione e "dato che nessun gruppo politico ha mai chiesto che vengano sottoposti a revisione quei principi fondamentali della nostra Costituzione, ciò dovrebbe significare che per tutti è pacifico l'obbligo di rispettarli. Comportamenti dissonanti, con particolare riferimento all'articolo sulla bandiera Tricolore, non corrispondono- conclude Napolitano- alla fisionomia e ai doveri di forze che abbiano ruoli di rappresentanza e di governo".
Il capo dello Stato infine rivolge un "vivo incitamento" a tutti i gruppi politici di maggioranza e opposizione e a tutti gli amministratori locali affinché "nei prossimi mesi al sud e al centro, come al nord, si impegnino a fondo nelle iniziative per il centocinquantenario così da renderene davvero ampia e profonda la poiezione tra i cittadini".SOLO DOPO IL FEDERALISMO - Secca la risposta di Umberto Bossi: "La celebreremo dopo che sarà approvato il federalismo - dice il leader del Carroccio - Se non si attua il federalismo vorrebbe dire che 150 anni sono passati invano. Dobbiamo ricordare quel che disse Cavour a questo proposito. Perchè l'unità d'Italia col centralismo romano non va bene".
COTA: "NON MI INTERESSANO LE POLEMICHE INUTILI" - "L’appuntamento del 150^ dell’Unità va visto in prospettiva, ragionando su uno Stato che dopo 150 anni guardi al futuro, che sia più moderno e vicino ai cittadini. L’approvazione definitiva dei decreti attuativi del federalismo fiscale rappresenta, quindi, il miglior viatico". Lo dichiara il presidente della Regione Piemonte, il leghista Roberto Cota, aggiungendo che "le polemiche inutili non mi interessano. La gente, infatti, si misura tutti i giorni con problemi concreti che deve affrontare e questi non vanno mai persi di vista".
E INTANTO... - "Viste le assunzioni a raffica da parte della Regione Sicilia, fiumi di denari pubblico dilapidati, magari per finalita' socialmente utili al clientelismo; considerando che nell'aria del Continente si respirano cinghie tirate, tagli lineari e verticali, risparmi all'osso e cassa integrazione diffusa; credo che il modo piu' degno di celebrare l'Unita' sia quello di separarsi definitivamente dalla Sicilia di Lombardo, che con l'Italia dimostra di non avere piu' nulla a che fare". Cosi' Giancarlo Lehner, deputato del Pdl.(AGENZIA DIIRE,www.dire.it)

4 gennaio 2011

La crisi? Per gli imprenditori immigrati non c'è: +9,2% dal 2008

L'imprenditoria straniera in Italia non sente la crisi, anzi, continua a crescere in tempi in cui molte imprese chiudono. Lo segnala la Fondazione Leone Moressa di Venezia, che ha diffuso oggi i risultati di uno studio sull'imprenditoria etnica, elaborato sulla base degli ultimi dati di Infocamere. La crescita dal terzo trimestre del 2008 allo stesso periodo del 2010 e' stata del 9,2%, lasciando indietro l'imprenditoria italiana, che invece deve fare i conti con l'1,2% di aziende in meno.
L'analisi della Fondazione Moressa traccia un identikit delle aziende condotte da stranieri e dei titolari: emerge cosi' che quella marocchina, rumena e cinese sono le nazionalita' piu' diffuse e che gli imprenditori sono perlopiu' di giovane eta', dato che il 64,7% ha tra i 30 e i 50 anni e che il 10,3% e' under29. La maggior parte delle aziende non ha piu' di dieci anni ed e' costituita sottoforma di ditta individuale (54,8%). Per quanto riguarda i settori di attivita', prevalgono l'area commerciale ed edile (con incidenze del 29,5% e del 22,2%), seguite dal settore manifatturiero (10,1%) e della ristorazione (8,6%). Una nota di genere: ogni quattro imprenditori stranieri uno e' donna. La presenza femminile e' maggiore nella ristorazione (quasi la meta' delle imprese straniere del comparto ha un titolare donna), nel commercio e nella manifattura (rispettivamente 27,1% e 29,5%).
Le province in cui l'arrivo di nuove imprese e' stato piu' evidente sono quella di Prato, Pavia e Rieti (+17,7%, +17,7% e +16,2%), ma e' principalmente nella provincia toscana che l'incidenza degli imprenditori stranieri sul totale delle aziende risulta maggiore, con il 15,3%. Seguono Trieste con il 10,9%, Teramo (10,2%) e Gorizia (10,0%). In termini assoluti, invece, sono i centri milanese, romano e torinese ad accogliere il maggior numero di imprenditori stranieri, sebbene nel capoluogo lombardo l'incremento nell'ultimo biennio si sia fermato al 5,6%, contro il 13,5% della capitale e il 12,6% del capoluogo piemontese. Unica area in controtendenza e' quella di Nuoro, che fa i conti con un dato negativo (-2,3%). AGENZIA DIRE, www.dire.it

2010, l'anno dei prezzi raddoppiati: a dicembre inflazione a +1,9%

Inflazione in crescita a dicembre. Secondo quanto rende noto l'Istat, "l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (Nic)" presenta "una variazione di più 0,4% rispetto al mese di novembre e di più 1,9% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente". In base alla stima provvisoria, "l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) registra nel mese di dicembre una variazione di più 0,3% rispetto al mese precedente e una variazione di più 2% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente".
Riferisce ancora l'Istat che "sulla base dei dati finora pervenuti gli aumenti congiunturali più significativi dell'indice per l'intera collettività si sono verificati per i capitoli trasporti (più 1,4%), comunicazioni (più 0,6%) e Ricreazione, spettacoli e cultura (più 0,5%); variazioni nulle si sono registrate nei capitoli Bevande alcoliche e tabacchi e Servizi sanitari e spese per la salute. Variazioni congiunturali negative si sono verificate nei capitoli Servizi ricettivi e di ristorazione (meno 0,3%) e istruzione (meno 0,1%)".
Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati "nei capitoli Trasporti (più 4,2%), Abitazione, acqua, elettricità e combustibili (più 3,5%) e Altri beni e servizi (più 3,2%). Una variazione tendenziale negativa si è verificata nel capitolo Comunicazioni (meno 0,6%)".

FEDERALISMO: CALDEROLI, SUBITO O SI VA AL VOTO

''Le Lega Nord vuole il federalismo subito, altrimenti si vota''. Cosi' il ministro Roberto Calderoli, arrivato a Calalzo per la cena degli ossi, con Tremonti e Bossi. Ai giornalisti che gli chiedevano dov'e' lo spirito della coalizione, Calderoli ha risposto: ''Quoi sento solo lo spirito degli ossi''. Sull'eventuale presenza di Berlusconi a Calalzo Calderoli ha scherzato. ''Arrivera' la telefonata del presidente del consiglio'?'' gli hanno chiesto i cronisti. ''Scherzate'? Berlusconi viene quassu', giusto per i giornalisti''.

3 gennaio 2011

FEDERALISMO: AI SINDACI NON PIACE, CI TOGLIE 2,5 MLD

Ai sindaci i conti del federalismo fiscale non tornano. Mentre il decreto attuativo e' dovuto approdare in parlamento senza il parere dei diretti interessati, proprio a causa delle incertezze sui fondi, i tecnici dell'Ifel, la fondazione dell'Anci per la finanza locale, si sono tuffati nelle tabelle del ministero dell'Economia e della commissione tecnica per l'attuazione della riforma, e ne sono riemersi con un timore circostanziato: la riforma disegnata dal decreto attuativo puo' costare ai comuni quasi 2,5 miliardi, cioe' circa il 10% delle risorse in gioco, e conferma a regime tutti i tagli imposti dalla manovra estiva (la sforbiciata ai trasferimenti vale 1,5 miliardi per il 2011 e un altro miliardo per il 2012). Non solo, perche' le stime fornite dal governo sul gettito dei nuovi tributi, per esempio l'emersione del ''nero'' sugli affitti grazie alla cedolare secca, sembrano spesso ottimistiche, e se si rivelassero contraddette dalla realta' il conto per i sindaci diventerebbe anche piu' pesante.

Dubbi, obiezioni e timori dei sindaci sono finiti in un dossier elaborato dall'Ifel e pubblicato oggi dal Sole 24 Ore on line, che ora offrira' la base di trattativa con il governo nell'ambito del tavolo tecnico che accompagna la riforma in parlamento sempre in attesa del parere dei comuni.Per ottenere il ''si''' degli amministratori locali, il governo dovra' offrire garanzie su tutti i punti deboli indicati dall'Ifel (chiamato anche a lavorare ai fabbisogni standard, quale ''partner scientifico'' di Sose, e delegato all'attuazione delle attivita' di diretto contatto con i comuni).Il Rapporto sottolinea che i Comuni dovranno dire addio a gran parte dei trasferimenti statali e all'addizionale sull'energia elettrica, mentre l'Ici sopravvissuta all'abolizione sulla prima casa verra' assorbita dalla nuova Imu dal 2014: in tutto, si tratta di 25,1 miliardi di euro, che dovranno essere sostituiti dall'assegnazione ai comuni del fisco immobiliare (registro, imposte ipotecarie e catastali, bolli, tributi catastali, cedolare secca sugli affitti e Irpef sui redditi fondiari, quest'ultima destinata al tramonto) e, dal 2014, dal varo dell'imposta municipale unica (Imu) che inglobera' quasi tutte queste voci.I calcoli Ifel fanno un passo ulteriore, e in ogni comune mettono a confronto le risorse destinate a cadere con il federalismo fiscale (cioe' trasferimenti e addizionale sull'energia elettrica) con quelle che le dovrebbero sostituire, stimando anche un recupero di evasione intorno ai 450 milioni di euro all'anno, spalmato in modo uniforme in tutt'Italia. I dati mostrano bene gli squilibri di partenza: nei territori a statuto ordinario, il confronto fra le due voci segna a Napoli un -50% (anche a causa dei trasferimenti extra che arrivano alla citta'), i capoluoghi calabresi accusano perdite tra il 40 e il 50% mentre all'altro capo della classifica si incontrano le citta' medie del Nord.Viste le premesse, sono piu' i comuni che ci perdono di quelli che ci guadagnano: soffrono soprattutto i centri piu' piccoli (nei 4.660 comuni sotto i 5mila abitanti la flessione media e' del 16,9%) e le grandi citta' (-5,2% sopra i 250mila abitanti).

2 gennaio 2011

CRISI: PRODI, PIL ITALIA 2011 MOLTO INFERIORE A PRIMA. RAFFORZARE UE

''Alla fine del prossimo anno la dimensione della nostra economia rimarra' notevolmente inferiore rispetto ai livelli raggiunti prima della crisi economica e ci vorranno parecchi anni per ritornare al punto di partenza. Queste sono le previsioni che si possono scrivere oggi.''. E' l'analisi di Romano Prodi, diversa da quella del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, secondo cui nel 2011 l'economia del Paese ritornera' ai livelli pre-crisi. Prodi, in un suo articolo sul Messaggero, sottolinea la necessita' di un rafforzamento della coesione europea per poter contare su una crescita piu' sostenuta nel vecchio continente.
L'ex premier spiega che i Paesi emergenti nel 2010 sono cresciuti del 7,4% contro il 2,6% del Paesi sviluppati. In Europa lo sviluppo il prossimo anno ''rimarra' inferiore al 2% e il livello di disoccupazione si manterra' vicino al 10%''. Gli andamenti dei Paesi saranno differenziati, con la Germania che segnera' una crescita del 3% e l'Italia che, con l'1% ''si manterra' allo scalino piu' basso''.''La realta' potra' tuttavia essere mutata, nel bene o nel male, dalle decisioni politiche che saranno prese nel corso dell'anno''. E le cose andranno meglio se si riuscira', anche con le presidenze 'minori' della Ue dei prossimi tre anni, a ''rafforzare le istituzioni comuni decise dal Trattato di Lisbona, tedeschi permettendo. Dipendera' quindi - conclude Prodi - ancora una volta, dal grado di coesione delle politiche europee se il nostro continente continuera' ad essere il fanalino di coda dello sviluppo mondiale e se ci metteremo almeno in linea con gli Stati Uniti che, pur essendo all'origine della crisi, ne stanno uscendo un po' meglio di noi''.

Berlusconi: "L'Italia non ha bisogno di elezioni anticipate"

In attesa del messaggio del Presidente della Repubblica a reti unificate, Silvio Berlusconi parla agli italiani intervenendo a Tg5 Mattina. Visti i risultati raggiunti da questo governo "crediamo che l'Italia abbia bisogno di tutto fuorche' di elezioni anticipate", dice il presidente del Consiglio, sottolineando che si tratta di "elezioni che ci esporrebbero a rischi imprevedibili". E proprio per questo, aggiunge, "il nostro parlamento, per ben due volte nello spazio di due mesi, ha votato la fiducia a favore del governo respingendo la mozione della sinistra che incautamente aveva presentato.". Inoltre, prosegue il premier, "anche tutte le espressioni piu' importanti della nostra societa', dall'industria alla chiesa cattolica ci chiedono di fare uno sforzo e scongiurare le elezioni per consentire al governo, che ha ricevuto direttamente dagli italiani il mandato di governare, di proseguire il proprio lavoro".

RIFORME - Dopo quelle realizzate "ci restano da fare alcune importanti riforme come quella fiscale, oltre che il quoziente familiare, o la riforma della giustizia partendo dai numerosi punti di convergenza che su queste riforme ci sono gia', manifestati anche con l'opposizione. E non escludo neppure, anzi devo dire che lo auspico, che si possa fare un passo avanti per quanto riguarda le riforme istituzionali che ormai tutti condividono". Il premier sottolinea che "vi sono alcuni punti come il rafforzamento del potere dell'esecutivo, il superamento del bicameralismo perfetto, come la diminuzione del numero dei parlamentari, sui quali da tempo esiste una larga convergenza. Non vedo perche non si possa trovare un accordo tra maggioranza e opposizione".
AVANTI COSÌ - "Sono certo che in parlamento si creeranno le condizioni per consentirci di portare a termine il nostro programma". "Il nostro governo si e presentato attivo e non c'e' mai stata alcuna sospensione sia pure temporanea di attenzione, di lavoro di impegno. L'Italia ha bisogno di stabilita' di governo, ha bisogno di un confronto piu' sereno e rispettoso tra le forze politiche, ha bisogno di maggiore coesione sociale e soprattutto di fiducia nel futuro".
CRISI - "Ce la possiamo fare, se sapremo mettere da parte le polemiche inutili per realizzare quelle riforme di cui il paese ha bisogno". Lo dice il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, intervenendo telefonicamente a Tg5 Mattina, nel sottolineare che "il nostro Paese ha inestimabili risorse di intelligenza, creativita' e capacita' e puo' continuare ad essere una grande potenza industriale, garantendo ai propri cittadini, anche per il futuro, la prosperita' economica, la democrazia e la liberta'". Il premier poi aggiunge: "Come governo la nostra parte l'abbiamo fatta. Nel pieno della crisi economica abbiamo garantito la pace sociale, abbiamo garantito la tutela delle classi piu' deboli, non abbiamo lasciato nessuno in difficolta' con il suo lavoro senza un valida copertura economica. Abbiamo mantenuto il rigore nei conti pubblici, abbiamo portato a compimento importanti riforme". Ed in particolare "siamo fieri dei risultati straordinari raggiunti nel campo della sicurezza, nella lotta alla criminalita' organizzata e nel controllo dell'immigrazione clandestina". Certo, "conosco le tante preoccupazioni che assillano le famiglie. La crisi internazionale non ha rispamiato il nostro Paese anche se, grazie alle scelte compiute dal governo, gli effetti sono stati meno gravi e dolorosi rispetto a quelli che si sono avuti negli altri Paesi".
FIAT - "La globalizzazione ci costringe a metterci al passo con il cambiamento e ci impone delle innovazioni in tutti i settori. L'esempio della Fiat e' emblematico, dimostra che se mettiamo la cultura della cooperazione tra imprenditori e lavoratori al posto del conflitto sociale e del conflitto politico si possono mantenere le fabbriche in Italia e i posti di lavoro e nello stesso tempo si possono anche aumentare i salari e le retribuzioni dei lavoratori".

Napolitano: ''Opportunità per i giovani, altrimenti la partita del futuro è persa''

''Dedico questo messaggio soprattutto ai più giovani tra noi, che vedono avvicinarsi il tempo delle scelte e cercano un'occupazione, cercano una strada. Dedico loro questo messaggio, perché i problemi che essi sentono e si pongono per il futuro sono gli stessi che si pongono per il futuro dell'Italia''. Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha aperto il tradizionale messaggio, a reti unificate, di fine anno.Nel richiamare la preoccupazione già espressa, anche in occasione del saluto con le Alte magistrature dello Stato, "per il malessere diffuso tra i giovani e per un distacco ormai allarmante tra la politica, tra le stesse istituzioni democratiche e la società, le forze sociali, in modo particolare le giovani generazioni", il capo dello Stato ha sottolineato "l'esigenza di uno spirito di condivisione, da parte delle forze politiche e sociali, delle sfide che l'Italia è chiamata ad affrontare; e l'esigenza di un salto di qualità della politica, essendone in giuoco la dignità, la moralità, la capacità di offrire un riferimento e una guida". Ma - ha aggiunto il capo dello Stato - a questo riguardo "voi che mi ascoltate non siete semplici spettatori, perché la politica siete anche voi, in quanto potete animarla e rinnovarla con le vostre sollecitazioni e i vostri comportamenti, partendo dalle situazioni che concretamente vivete, dai problemi che vi premono".

Anche se questo 2010 è stato dominato da condizioni di persistente crisi e incertezza dell'economia, il presidente della Repubblica ha esortato a non farsi "paralizzare da quest'ansia". "E' possibile - ha affermato - un impegno comune senza precedenti per fronteggiare le sfide e cogliere le opportunità di questo grande tornante storico. Siamo tutti chiamati a far fronte ancora alla sfida della pace, sempre messa a dura prova da persistenti e ricorrenti conflitti e da cieche trame terroristiche''. E ancora ''siamo chiamati a cogliere le opportunità di un processo di globalizzazione tuttora ambiguo nelle sue ricadute sul terreno dei diritti democratici e delle diversità culturali, ed estremamente impegnativo per continenti e paesi, l'Europa, l'Italia, che tendono a perdere terreno nell'intensità e qualità dello sviluppo".
Il capo dello Stato si è detto convinto che "quando i giovani denunciano un vuoto e sollecitano risposte sanno bene di non poter chiedere un futuro di certezze, magari garantite dallo Stato, ma di aver piuttosto diritto a un futuro di possibilità reali, di opportunità cui accedere nell'eguaglianza dei punti di partenza secondo lo spirito della nostra Costituzione. Nelle condizioni dell'Europa e del mondo di oggi e di domani, non si danno certezze e nemmeno prospettive tranquillizzanti per le nuove generazioni se vacilla la nostra capacità individuale e collettiva di superare le prove che già ci incalzano. Tanto meno, ho detto, si può aspirare a certezze che siano garantite dallo Stato a prezzo del trascinarsi o dell'aggravarsi di un abnorme debito pubblico. Quel peso non possiamo lasciarlo sulle spalle delle generazioni future senza macchiarci di una vera e propria colpa storica e morale". Bisogna quindi "trovare la via per abbattere il debito pubblico accumulato nei decenni; e quindi sottoporre alla più severa rassegna i capitoli della spesa pubblica corrente, rendere operante per tutti il dovere del pagamento delle imposte, a qualunque livello le si voglia assestare''. ''Ma affrontare il problema della riduzione del debito pubblico e della spesa corrente, così come mettere mano a una profonda riforma fiscale, vuol dire compiere scelte significative anche se difficili. Si debbono o no - si è chiesto il presidente Napolitano - ad esempio fare salve risorse adeguate, a partire dai prossimi anni, per la cultura, per la ricerca e la formazione, per l'Università? Che questa scelta sia da fare, lo ha detto il Senato accogliendo espliciti ordini del giorno in tal senso prima di approvare la legge di riforma universitaria. Una legge il cui processo attuativo, colgo l'occasione per dirlo a coloro che l'hanno contestata, consentirà ulteriori confronti in vista di più condivise soluzioni specifiche, e potrà essere integrato da nuove decisioni come quelle auspicate dallo stesso Senato".
Per il capo dello Stato "occorre in generale individuare priorità che siano riferibili a quella strategia di più sostenuta crescita economico-sociale che per l'Italia è divenuta, dopo un decennio di crescita bassa e squilibrata, condizione tassativa per combattere il rischio del declino anche all'interno dell'Unione Europea". Queste priorità sono "da far valere non solo attraverso l'azione diretta dello Stato e di tutti i poteri pubblici, ma anche attraverso la sollecitazione di comportamenti corrispondenti da parte dei soggetti privati. Abbiamo, così, bisogno non solo di più investimenti pubblici nella ricerca, ma di una crescente disponibilità delle imprese a investire nella ricerca e nell'innovazione. Passa anche di qui l'indispensabile elevamento della produttività del lavoro: tema, oggi, di un difficile confronto, che mi auguro evolva in modo costruttivo, in materia di relazioni industriali e organizzazione del lavoro".
Il presidente Napolitano ha rilevato che "reggere la competizione in Europa e nel mondo, accrescere la competitività del sistema-paese, comporta per l'Italia il superamento di molti ritardi, di evidenti fragilità, comporta lo scioglimento di molti nodi, riconducibili a riforme finora mancate".
Il capo dello Stato ha fatto riferimento agli ultimi dati del sul tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile e nel Mezzogiorno, per avvertire che "se non apriamo a questi ragazzi nuove possibilità di occupazione e di vita dignitosa, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per loro, ma per tutti, per l'Italia: ed è in scacco la democrazia. Proprio perché non solo speriamo, ma crediamo nell'Italia, e vogliamo che ci credano le nuove generazioni, non possiamo consentirci il lusso di discorsi rassicuranti, di rappresentazioni convenzionali del nostro lieto vivere collettivo. C'è troppa difficoltà di vita quotidiana in diverse sfere sociali, troppo malessere tra i giovani. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare: proprio per poter suscitare un vasto moto di energie e di volontà, capace di mettere a frutto tradizioni, risorse e potenzialità di cui siamo ricchi. Quelle che abbiamo accumulato nella nostra storia di centocinquant'anni di Italia unita".
A questo punto il capo dello Stato ha sottolineato che le celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia non sono un rito retorico: "Non possiamo come Nazione pensare il futuro senza memoria e coscienza del passato". Dunque, "il futuro da costruire, guardando soprattutto all'universo giovanile, richiede un impegno generalizzato. Quell'universo è ben più vasto e vario del mondo studentesco. A tutti rivolgo ancora la più netta messa in guardia contro ogni cedimento alla tentazione fuorviante e perdente del ricorso alla violenza". La "strada giusta" è quella di "investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità". E il capo dello Stato ha richiamato alcune testimonianze della possibilità di "aprire la strada verso un futuro degno del grande patrimonio storico", per sollecitare a fare la loro parte "quanti hanno maggiori responsabilità - e ne debbono rispondere - nella politica e nelle istituzioni, nell'economia e nella società, ma in pari tempo ogni comunità, ogni cittadino. Dovunque, anche a Napoli". Insomma "sentire l'Italia, volerla più unita e migliore, - ha concluso il capo dello Stato - significa anche questo, sentire come proprio il travaglio di ogni sua parte, così come il travaglio di ogni sua generazione, dalle più anziane alle più giovani. A tutti, dunque, agli italiani e agli stranieri che sono tra noi condividendo doveri e speranze, il mio augurio affettuoso, il mio caloroso buon 2011".