17 marzo 2010

"Anche l'Italia esporta strumenti di tortura". La denuncia di Amnesty

Ci sono anche alcune società italiane, tra le aziende europee dedite al commercio globale in "strumenti di tortura". Congegni fissati alle pareti delle celle per immobilizzare i detenuti, serrapollici in metallo e manette e bracciali che producono scariche elettriche da 50.000 volt, che vengono venduti ai paesi che utilizzano disumani metodi d'interrogatorio, anche se nel 2006 è stata introdotta a livello europeo una norma che vieta il commercio internazionale di tali strumenti.
Lo denuncia Amnesty International, l'organizzazione per la difesa dei diritti dell'Uomo che, insieme alla Omega Research Foundation, ha stilato un rapporto sui Paesi membri Ue che traggono profitto da un cono d’ombra giuridico che consente loro di vendere materiale per infliggere torture in almeno nove stati del mondo, che li utilizzerebbero durante gli interrogatori.

In particolare, si legge nel testo pubblicato sul sito dell'organizzazione, tra il 2006 e il 2009, la Repubblica Ceca ha autorizzato l'esportazione di prodotti quali manette, pistole elettriche e spray chimici, mentre a sua volta la Germania lo ha fatto per ceppi e spray chimici.
Anche aziende italiane e spagnole, afferma Amnesty senza indicare nomi, hanno promosso la vendita di "'manette' o 'manicotti'" da elettroshock per tormentare detenuti con scariche anche da 50 mila volt. Una scappatoia legale permette tutto questo, nonostante si tratti di prodotti simili alle “cinture elettriche”, la cui esportazione e importazione sono proibite in tutta l’Unione europea.
In Italia (come in Belgio, Cipro, Finlandia, e Malta) il traffico avviene, almeno ufficialmente, all'insaputa del governo che, riferisce Amnesty, ha "dichiarato di non essere a conoscenza" di alcun produttore o esportatore attivo in questo campo. Amnesty ha tuttavia individuato aziende operanti in Belgio, Finlandia e Italia in cui prodotti del genere vengono apertamente commercializzati su Internet.
Il rapporto, intitolato 'Dalle parole ai fatti', verrà formalmente preso in esame domani a Brussels, nel corso della riunione del Sottocomitato sui diritti umani del Parlamento europeo.