"L'Italia può e deve farcela". E' questo il concetto chiave lanciato dal Presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno. Un messaggio durato 21 minuti con cui il capo dello Stato ribadisce la gravità della situazione ma sottolinea anche come gli italiani, con impegno e fiducia, potranno uscire dalla crisi. Sono necessari quindi sacrifici, avverte Napolitano, ma questi daranno i loro frutti.
"L'emergenza resta grave - dice - e la fiducia rischia di essere oscurata da interrogativi angosciosi che possono tradursi in scoraggiamento e indurre al pessimismo''. "E' faticoso riguadagnare credibilità, dopo aver perduto pesantemente terreno; i nostri Buoni del Tesoro - nonostante i segnali incoraggianti degli ultimi giorni - restano sotto attacco; il debito pubblico che abbiamo accomulato nei decenni pesa come un macigno e ci costa tassi di interesse pericolosamente alti" aggiunge Napolitano. "Lo sforzo di risanamento del bilancio culminato nell'ultimo, impegnativo decreto, deve perciò essere portato avanti con rigore. Ma siamo convinti che i frutti non mancheranno. I sacrifici non risulteranno inutili. Specie se l'economia riprenderà a crescere: il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale".
Dalla crisi si esce dando un futuro ai giovani, sottolinea il capo dello Stato. "Si è diffusa ormai la convinzione - dice Napolitano - che dei sacrifici siano inevitabili per tutti: ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. È questo l'impegno cui non possiamo sottrarci".
La crisi può essere un'occasione per rendere la nostra società "più severa e più giusta, più dinamica, moralmente e civilmente più viva, più aperta, più coesa". La parte centrale del discorso di Napolitano è dedicata al lavoro. Il presidente sottolinea che ''occorre definire nuove forme di sicurezza sociale che sono state finora trascurate a favore di una copertura pensionistica più alta che in altri paesi o anche di provvidenze generatrici di sprechi''. Il presidente della Repubblica ricorda dunque la sua storia di sinistra, la sua vicinanza ai lavoratori, e si rivolge ai sindacati e alle forze sociali per sottolineare come il mondo sia ormai cambiato. Per questo occorre "ripensare e rinnovare le politiche sociali", senza rinunciare al modello europeo fatto di dignità e diritti del lavoro. "Sento molto le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro", dice, ma credo che i lavoratori e le loro organizzazioni debbano esprimere uno "slancio costruttivo nel confronto", fare sacrifici e avere "visione e ruolo nazionale" come seppero fare nel Dopoguerra e nel tragico 1977 dell'inflazione al 20% e del terrorismo.
Il capo dello Stato punta poi il dito contro la "patologia" tutta italiana, da combattere con una seria lotta all'evasione e alla corruzione. "A partire dagli anni Ottanta - dice - la spesa pubblica è cresciuta in modo sempre più incontrollato, e ormai insostenibile. E c'è anche chi ne ha tratto e continua a trarne indebito profitto: a ciò si legano strettamente fenomeni di dilagante corruzione e parassitismo, di diffusa illegalità e anche di inquinamento criminale. Né, quando si parla di conti pubblici da raddrizzare, si può fare a meno di mettere nel mirino l'altra grande patologia italiana: una massiccia, distorsiva e ingiustificabile evasione fiscale. Che ci si debba impegnare a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale, è fuori discussione".
Napolitano difende poi la nascita del governo Monti e sottolinea che il ricorso al voto anticipato sarebbe stato "un azzardo pesante dal punto di vista dell'interesse generale del Paese". Napolitano riconosce quindi il "merito" dei partiti che hanno deciso di sostenere Monti ed esorta a continuare su questa strada. Ai cittadini infine, spetta il compito di vigilare sull'operato dei politici, senza cadere nell'antipolitica "perché - conclude Napolitano - non c'è futuro per l'Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica".
"L'emergenza resta grave - dice - e la fiducia rischia di essere oscurata da interrogativi angosciosi che possono tradursi in scoraggiamento e indurre al pessimismo''. "E' faticoso riguadagnare credibilità, dopo aver perduto pesantemente terreno; i nostri Buoni del Tesoro - nonostante i segnali incoraggianti degli ultimi giorni - restano sotto attacco; il debito pubblico che abbiamo accomulato nei decenni pesa come un macigno e ci costa tassi di interesse pericolosamente alti" aggiunge Napolitano. "Lo sforzo di risanamento del bilancio culminato nell'ultimo, impegnativo decreto, deve perciò essere portato avanti con rigore. Ma siamo convinti che i frutti non mancheranno. I sacrifici non risulteranno inutili. Specie se l'economia riprenderà a crescere: il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale".
Dalla crisi si esce dando un futuro ai giovani, sottolinea il capo dello Stato. "Si è diffusa ormai la convinzione - dice Napolitano - che dei sacrifici siano inevitabili per tutti: ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. È questo l'impegno cui non possiamo sottrarci".
La crisi può essere un'occasione per rendere la nostra società "più severa e più giusta, più dinamica, moralmente e civilmente più viva, più aperta, più coesa". La parte centrale del discorso di Napolitano è dedicata al lavoro. Il presidente sottolinea che ''occorre definire nuove forme di sicurezza sociale che sono state finora trascurate a favore di una copertura pensionistica più alta che in altri paesi o anche di provvidenze generatrici di sprechi''. Il presidente della Repubblica ricorda dunque la sua storia di sinistra, la sua vicinanza ai lavoratori, e si rivolge ai sindacati e alle forze sociali per sottolineare come il mondo sia ormai cambiato. Per questo occorre "ripensare e rinnovare le politiche sociali", senza rinunciare al modello europeo fatto di dignità e diritti del lavoro. "Sento molto le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro", dice, ma credo che i lavoratori e le loro organizzazioni debbano esprimere uno "slancio costruttivo nel confronto", fare sacrifici e avere "visione e ruolo nazionale" come seppero fare nel Dopoguerra e nel tragico 1977 dell'inflazione al 20% e del terrorismo.
Il capo dello Stato punta poi il dito contro la "patologia" tutta italiana, da combattere con una seria lotta all'evasione e alla corruzione. "A partire dagli anni Ottanta - dice - la spesa pubblica è cresciuta in modo sempre più incontrollato, e ormai insostenibile. E c'è anche chi ne ha tratto e continua a trarne indebito profitto: a ciò si legano strettamente fenomeni di dilagante corruzione e parassitismo, di diffusa illegalità e anche di inquinamento criminale. Né, quando si parla di conti pubblici da raddrizzare, si può fare a meno di mettere nel mirino l'altra grande patologia italiana: una massiccia, distorsiva e ingiustificabile evasione fiscale. Che ci si debba impegnare a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale, è fuori discussione".
Napolitano difende poi la nascita del governo Monti e sottolinea che il ricorso al voto anticipato sarebbe stato "un azzardo pesante dal punto di vista dell'interesse generale del Paese". Napolitano riconosce quindi il "merito" dei partiti che hanno deciso di sostenere Monti ed esorta a continuare su questa strada. Ai cittadini infine, spetta il compito di vigilare sull'operato dei politici, senza cadere nell'antipolitica "perché - conclude Napolitano - non c'è futuro per l'Italia senza rigenerazione della politica e della fiducia nella politica".