1 gennaio 2012

Crisi: l'anno dello spread. La nuova peste ''made in europe''

Il 2011 e' stato l'anno dello spread. Parola inglese che sta per differenza. Prima e' comparso sui titoli delle agenzie di stampa, poi su quelli dei giornali; in serata, all'apertura dei telegiornali. Cosi' lo spread e' entrato nelle case degli italiani. Si e' trattato di una imperdibile occasione per migliorare la conoscenza delle lingue straniere, poi si e' capito che faceva anche male. Quando lo spread sale, 200, 300,.. 500 punti arriva qualche taglio alla spesa pubblica e un'infornata di nuove tasse mentre la benzina va alle stelle. Insomma, una botta al reddito disponibile delle famiglie. Con lo spread che vola, chi aveva in programma un branzino al sale, ripiega sulla minestrina. Chi pensava a un viaggio, si ferma al giretto ''fuori porta''. Chi aveva un lavoro, lo perde. Lo spread ormai cambia anche i governi. E' toccato, in rapida successione, a Irlanda, Portogallo, Spagna, Grecia e Italia. Lo spread e' lo ''stigma'' del terzo millennio, il marchio di infamia, con cui fare i conti giorno dopo giorno. Per liberarsene si avviano manovre finanziarie a ripetizione ma poi l'economia si avvita in recessione. Sta accadendo in Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. L'Italia e' sulla stessa strada. La recessione, iniziata nel secondo semestre di quest'anno, proseguira' anche nel 2012 con una contrazione del Pil compresa, secondo diversi uffici studi, tra -1% e -1,6% . Nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, il premier Monti ha invitato ad affrontare lo spread con spirito laico: ne' demonizzazioni ne' divinazzazioni. ''Direi che ora ha smesso di crescere'', ha poi aggiunto con circospetto sollievo il presidente del Consiglio. Dunque anche Monti non trascura, nonostante l'aplomb anglosassone, come lo spread possa essere letale per il destino del suo governo. Ma cos'e lo spread? Si tratta della differenza tra il costo del debito pubblico della Germania, il piu' affidabile debitore dell'Eurozona, e quello degli altri paesi dell'unione monetaria. L'Italia paga il 7%, la Germania l'1,90%, lo spread e' del 5,10% o 510 punti. Parliamo dunque di un parametro finanziario prodotto da una semplice sottrazione. Quando lo spread sale, sale l'ansia degli investitori che dubitano dell'affidabilita' dei titoli pubblici del paese sotto tiro, consapevoli che crescono le probabilita', a causa dell'aumento dei tassi di interesse, che lo Stato non riesca ad onorare i propri debiti. Ogni giorno tutti i governi dell'Eurozona osservano con trepidazione l'evoluzione dello spread, sperando che non tocchi a loro; meglio al vicino. Ora si discute persino su come gestire il ''fallimento disciplinato'' della Grecia, che capitola per uno spread a 3.400 punti, pari a un tasso di interesse del 35,9%, assolutamente proibitivo per fare nuovi debiti, si procedera', forse, a ristrutturare quelli vecchi. In ogni caso, assicurano in coro i leader europei, ''the greek job (la soluzione ellenica)'' deve rimanere una eccezione non ripetibile. Sentiero scivoloso. Piuttosto che erigere con denaro sonante una rete di sicurezza che impedisca l'insolvenza delle nazioni, la politica europea ha invece aperto la strada al fallimento di uno stato sovrano, potenziando le capacita' distruttive dello spread. Cosi' il morbo e' sbarcato a Lisbona, Roma, Madrid e sfiora la Francia e il Belgio. E' la nuova peste