ROMA - L'Italia ha resistito alla crisi, ma nella popolazione c'è sfiducia verso la classe dirigente. È quanto emerge dal 44esimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese. In un contesto caratterizzaro dalla mancanza di atteggiamenti, comportamenti e valori non disciplinati, si affermano, secondo il rapporto, comportamenti individuali all’impronta di un "egoismo autoreferenziale e narcisistico". Che si concretizzano, tra le altre cose, in episodi di violenza familiare, nel bullismo, nella ricerca della sfida alla morte (il balconing).
ABBIAMO RESISTITO - "Abbiamo resistito- si legge nel rapporto-. Abbiamo resistito ai mesi più drammatici della crisi, seppure con una 'evidente fatica del vivere e dolorose emarginazioni occupazionali'". E ancora: "Al di là dei fenomeni congiunturali economici e politico-istituzionali dell’anno, adesso occorre una verifica di cosa è diventata la società italiana nelle sue fibre più intime. Perché sorge il dubbio che, anche se ripartisse la marcia dello sviluppo, la nostra società non avrebbe lo spessore e il vigore adeguati alle sfide che dovremo affrontare.
Una società appiattita. Sono evidenti manifestazioni di fragilità sia personali che di massa: comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e futuro. Si sono appiattiti i nostri riferimenti alti e nobili (l’eredità risorgimentale, il laico primato dello Stato, la cultura del riformismo, la fede in uno sviluppo continuato e progressivo), soppiantati dalla delusione per gli esiti del primato del mercato, della verticalizzazione e personalizzazione del potere, del decisionismo di chi governa. E una società appiattita fa franare verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa. 'Una società ad alta soggettività, che aveva costruito una sua cinquantennale storia sulla vitalità, sulla grinta, sul vigore dei soggetti, si ritrova a dover fare i conti proprio con il declino della soggettività, che non basta più quando bisogna giocare su processi che hanno radici e motori fuori della realtà italiana'".
UN’ONDA DI PULSIONI SREGOLATE - Gli italiani non riescono "più a individuare un dispositivo di fondo (centrale o periferico, morale o giuridico) che disciplini comportamenti, atteggiamenti, valori. Si afferma così una 'diffusa e inquietante sregolazione pulsionale", con comportamenti individuali all’impronta di un "egoismo autoreferenziale e narcisistico": negli episodi di violenza familiare, nel bullismo gratuito, nel gusto apatico di compiere delitti comuni, nella tendenza a facili godimenti sessuali, nella ricerca di un eccesso di stimolazione esterna che supplisca al vuoto interiore del soggetto, nel ricambio febbrile degli oggetti da acquisire e godere, nella ricerca demenziale di esperienze che sfidano la morte (come il balconing).
"Siamo una società pericolosamente segnata dal vuoto, visto che ad un ciclo storico pieno di interessi e di conflitti sociali, si va sostituendo un ciclo segnato dall’annullamento e dalla nirvanizzazione degli interessi e dei conflitti".
IL DECLINO PARALLELO DELLA LEGGE E DEL DESIDERIO NELL’INCONSCIO COLLETTIVO - "Bisogna scendere più a fondo nella personalità dei singoli e nella soggettività collettiva per verificare come funziona l’inconscio". Perché "qui si confrontano la legge (l’autorità esterna o interiorizzata) e il desiderio (che esprime il bisogno e la volontà di superare il vuoto acquisendo oggetti e relazioni). Ogni giorno di più il desiderio diventa esangue, indebolito dall’appagamento derivante dalla soddisfazione di desideri covati per decenni (dalla casa di proprietà alle vacanze) o indebolito dal primato dell’offerta di oggetti in realtà mai desiderati (con bambini obbligati a godere giocattoli mai chiesti e adulti al sesto tipo di telefono cellulare)".
Una società appiattita. Sono evidenti manifestazioni di fragilità sia personali che di massa: comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattativi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e futuro. Si sono appiattiti i nostri riferimenti alti e nobili (l’eredità risorgimentale, il laico primato dello Stato, la cultura del riformismo, la fede in uno sviluppo continuato e progressivo), soppiantati dalla delusione per gli esiti del primato del mercato, della verticalizzazione e personalizzazione del potere, del decisionismo di chi governa. E una società appiattita fa franare verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa. 'Una società ad alta soggettività, che aveva costruito una sua cinquantennale storia sulla vitalità, sulla grinta, sul vigore dei soggetti, si ritrova a dover fare i conti proprio con il declino della soggettività, che non basta più quando bisogna giocare su processi che hanno radici e motori fuori della realtà italiana'".
UN’ONDA DI PULSIONI SREGOLATE - Gli italiani non riescono "più a individuare un dispositivo di fondo (centrale o periferico, morale o giuridico) che disciplini comportamenti, atteggiamenti, valori. Si afferma così una 'diffusa e inquietante sregolazione pulsionale", con comportamenti individuali all’impronta di un "egoismo autoreferenziale e narcisistico": negli episodi di violenza familiare, nel bullismo gratuito, nel gusto apatico di compiere delitti comuni, nella tendenza a facili godimenti sessuali, nella ricerca di un eccesso di stimolazione esterna che supplisca al vuoto interiore del soggetto, nel ricambio febbrile degli oggetti da acquisire e godere, nella ricerca demenziale di esperienze che sfidano la morte (come il balconing).
"Siamo una società pericolosamente segnata dal vuoto, visto che ad un ciclo storico pieno di interessi e di conflitti sociali, si va sostituendo un ciclo segnato dall’annullamento e dalla nirvanizzazione degli interessi e dei conflitti".
IL DECLINO PARALLELO DELLA LEGGE E DEL DESIDERIO NELL’INCONSCIO COLLETTIVO - "Bisogna scendere più a fondo nella personalità dei singoli e nella soggettività collettiva per verificare come funziona l’inconscio". Perché "qui si confrontano la legge (l’autorità esterna o interiorizzata) e il desiderio (che esprime il bisogno e la volontà di superare il vuoto acquisendo oggetti e relazioni). Ogni giorno di più il desiderio diventa esangue, indebolito dall’appagamento derivante dalla soddisfazione di desideri covati per decenni (dalla casa di proprietà alle vacanze) o indebolito dal primato dell’offerta di oggetti in realtà mai desiderati (con bambini obbligati a godere giocattoli mai chiesti e adulti al sesto tipo di telefono cellulare)".