19 marzo 2011

CROCIFISSO: STRASBURGO DA' RAGIONE ALL'ITALIA, ''ESPORLO NON VIOLA I DIRITTI UMANI''


La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo ha dato ragione all'Italia nella causa ''Lautsi e altri contro Italia'' sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche. La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo ha dato ragione all'Italia nella causa ''Lautsi e altri contro Italia'' sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche.Dunque, la presenza di crocifissi nelle aule delle scuole pubbliche italiane non viola il diritto all'istruzione. La decisione della Corte inverte la sentenza di prima istanza che condannava l'Italia.Si chiude cosi' il caso approdato davanti alla Corte il 27 luglio 2006 con il ricorso di Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi. La Lautsi riteneva infatti la presenza del crocifisso un'ingerenza incompatibile con liberta' di pensiero, convinzione e di religione (art.9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950) cosi' come del diritto all'istruzione, in particolare, il diritto ad un'educazione ed insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori (art.2 del Protocollo n.1).

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA: UN SIMBOLO CHE NON INFLUENZA ALUNNI.''Se e' vero che il crocifisso e' prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l'eventuale influenza che l'esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni''. E' un passo delle motivazione della sentenza definitiva e inappellabile della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo (15 giudici contro 2) che ha dato ragione all'Italia nella causa ''Lautsi e altri contro Italia'' sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche stabilendo che nell'esposizione del simbolo religioso non c'e' violazione dei diritti dell'uomo.Si chiude cosi' il caso approdato davanti alla Corte il 27 luglio 2006 con il ricorso di Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi. La Lautsi riteneva infatti la presenza del crocifisso un'ingerenza incompatibile con liberta' di pensiero, convinzione e di religione (art.9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950) cosi' come del diritto all'istruzione, in particolare, il diritto ad un'educazione ed insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori (art.2 del Protocollo n.1).Nella motivazione della sentenza, in merito proprio all'articolo 2 del protocollo 1 sul diritto all'istruzione, si legge che ''dalla giurisprudenza della Corte emerge che l'obbligo degli Stati membri del Consiglio d' Europa di rispettare le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori non riguarda solo il contenuto dell'istruzione e le modalita' in cui viene essa dispensata: tale obbligo compete loro nell'esercizio dell'insieme delle 'funzioni' che gli Stati si assumono in materia di educazione e di insegnamento''.Cio' ''comprende l'allestimento degli ambienti scolastici qualora il diritto interno preveda che questa funzione incomba alle autorita' pubbliche. Poiche' la decisione riguardante la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche attiene alle funzioni assunte dallo stato italiano, essa rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 2 del protocollo 1''.Questa disposizione, si legge ancora, ''attribuisce allo Stato l'obbligo di rispettare, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d'insegnamento, il diritto dei genitori di garantire ai propri figli un'educazione e un insegnamento conformi alle loro convinzioni religiose e filosofiche''.La Corte ''constata che nel rendere obbligatoria la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche, la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del paese una visibilita' preponderante nell'ambiente scolastico'' e sottolinea altresi' che ''un crocifisso apposto su un muro e' un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non puo' essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attivita' religiose''. Infine, la Corte osserva che ''il diritto della ricorrente, in quanto genitrice, di spiegare e consigliare i suoi figli e orientarli verso una direzione conforme alle proprie convinzioni filosofiche e' rimasto intatto''. La Corte conclude dunque che ''decidendo di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai bambini della ricorrente, le autorita' hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l'Italia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell'esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d'insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche''. La Grande Camera della Corte e' stata presieduta da Jean-Paul Costa (Francia), il giudice Giorgio Malinverni (Svizzera) ha espresso un'opinione dissenziente, condivisa dalla giudice Zdravka Kalaydjieva (Bulgaria).