9 giugno 2010

Oltre 16 lavoratori su 100 irregolari. L'economia sommersa pesa per il 10,3% del PIL.

Fenomeno invisibile ma con effetti reali: un fatturato “nascosto” e sottratto ad ogni tipo di tassazione di oltre 154 Miliardi di euro con un’incidenza del 10,3% sul Prodotto Interno Lordo. Sono questi, in termini economici, gli effetti del sommerso nel 2009 che producono meno entrate per l’erario.
La situazione non è meno rassicurante sul versante del lavoro dove la Uil stima 3,7 milioni di persone che lavorano in assenza, totale o parziale, di tutele, facendo registrare un tasso di irregolarità, ad aprile 2010, pari al 16,4% rispetto al numero degli occupati.

Ciò ha come ricaduta una più forte capacità concorrenziale delle imprese che si avvalgono di manodopera irregolare, basata su costi del lavoro estremamente più bassi, creando al contempo una concorrenza sleale tra imprese “non virtuose” ed imprese “virtuose”.
In un tempo di crisi come quello attuale, la continua crescita del lavoro sommerso è un rischio concreto che attanaglia indistintamente tutto il Paese e a cui vanno date risposte innovative che affrontino più di un tema, a partire dalle politiche sull’immigrazione che fino ad oggi sono state più legate a farraginosi meccanismi burocratici, piuttosto che a dare reali risposte ai bisogni concreti di imprese e lavoratori.
Essendo tale metastasi connessa a quella, non meno preoccupante, dell’evasione fiscale, su cui il Governo ha improntato una parte consistente della Manovra al fine di un suo recupero, è necessario un maggiore impegno di tutti i livelli istituzionali, da quelli nazionali a quelli locali, anche per una più efficace e coordinata azione dei soggetti preposti al controllo.