14 dicembre 2010

Fiducia per tre voti, apertura all'Udc

Silvio Berlusconi ce la fa. E, dopo aver incassato la scontata fiducia del Senato, batte Gianfranco Fini anche alla Camera. A Montecitorio, la mozione di sfiducia al governo ottiene 311 si' contro 314 no. Soltanto tre voti in piu', ma pesanti, perche' ad affossare la manovra anti-premier sono tre deputati di Futuro e Liberta'. ''Una vittoria numerica'', e' il giudizio amaro di Fini. No, ''e' anche politica'', ribatte il presidente del Consiglio che, dopo essere salito al Quirinale, ribadisce la volonta' di ''andare avanti''. E per ''allargare la risicata maggioranza alla Camera'' strizza l'occhio ai democristiani del Pd e all'Udc di Pier Ferdinando Casini, spingendosi al punto di ''non escludere a priori'' la possibilita' di una crisi pilotata. Sono quasi le due del pomeriggio quando termina la conta e, tra insulti e risse sfiorate, il presidente Fini proclama il bruciante verdetto.
A pesare sul voto, piu' che le annunciate defezioni dal centrosinistra dei vari Razzi e Scilipoti, sono la retromarcia di Silvano Moffa, che non partecipa alla votazione, e i no alla sfiducia di Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori. Tre finiani della prima ora che cambiano idea e, all'ultimo, fanno pendere la bilancia dalla parte di Berlusconi. ''Dimissioni, dimissioni'', urlano dai banchi di Pdl e Lega alla terza carica dello Stato che si prende pure del ''coglionazzo'' quando attraverso il Transatlantico per chiudersi nel suo studio circondato dai piu' stretti collaboratori. Le divisioni tra 'falchi' e 'colombe', che gia' nelle scorse settimane hanno creato piu' di una tensione, finiscono cosi' con lo spaccare i futuristi. E, oltre allo smacco, perde anche i pezzi: la Siliquini annuncia infatti il ritorno tra le fila del Pdl, mentre Moffa se ne va nel gruppo misto e denuncia l'incompatibilita' di Fini con il ruolo istituzionale di presidente della Camera. L'ex leader di An tiene duro - ''non si dimette'', dice il suo portavoce - e affida il suo pensiero a un comunicato di poche parole. ''La vittoria numerica di Berlusconi - si legge - e' evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancora piu' dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Liberta'. Che Berlusconi non possa dire di avere vinto, anche in termini politici, sara' chiaro in poche settimane''. ''Non e' cambiato niente, e' una vittoria di Pirro'', sostiene anche il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, mentre per Antonio Di Pietro ''la maggioranza politica non c'e' piu' al di la' del computo dei venduti e dei comprati''. Berlusconi, intanto, si riunisce a Palazzo Chigi con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e con l'alleato leghista Umberto Bossi. Il 'Senatur', che durante le concitate fasi della conta ha auspicato il voto come ''unica igiene a tutto questo casino'', apre per la prima volta all'Udc -''non c'e' veto'', dice- ma poi il ministro del Carroccio, Roberto Maroni, precisa: ''O si allarga la maggioranza o e' meglio andare alle elezioni''. Quando alle cinque del pomeriggio il premier si reca dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il centro di Roma e' ancora blindato dalle forze dell'ordine, che tengono lontani i black blok dai palazzi del potere. Un incontro di quasi un'ora, nel corso dei quali il Capo dello Stato sostiene che ''una campagna elettorale non sarebbe positiva'', secondo quanto riferito da Berlusconi. Il premier partecipa alla presentazione del libro di Bruno Vespa, 'Il cuore e la spada', e si dice d'accordo con il Quirinale. ''Serve stabilita', andiamo avanti'', spiega definendo ''perseguibile l'allargamento della maggioranza''. Chiusa la possibilita' di trattare con Fini -''ero di ostacolo alla sua carriera''- Berlusconi non fa mistero di guardare a Casini. ''Non ci ascolta, vada avanti da solo'', dice il leader dell'Udc, ma in contemporanea il premier non esclude ''a priori'' una crisi pilotata per farlo contento. Soltanto tattica o reale volonta'? ''Con tre voti si mangia il panettone - e' la battuta del leghista Roberto Calderoli - ma non credo che si possa mangiare anche la colomba'' di Alessandro Galavotti ANSA