ROMA - "Mi ha destato una piacevole sorpresa leggere che Bersani ha deciso" di riprendere "la coltivazione" dell'ulivo "facendone un punto di riferimento per rimettere in ordine i registri dell'azienda italiana, messi in grave difficolta' dalle male organizzate tecniche agrarie succedutesi nel frattempo". Parla Romano Prodi che, in un articolo sulla prima pagina del Messaggero, dal titolo 'L'olio dei monaci e i nuovi innesti', plaude, con una metafora agricola, alla proposta lanciata ieri dal segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani.
L'ex premier osserva: "In fondo è passata soltanto una dozzina d'anni da quando, nel 1998, la coltura dell'ulivo è stata ritenuta non più remunerativa per il riformismo italiano ed è progressivamente scomparsa dai registri della nostra politica". Quindi aggiunge che "è apprezzabile che si parli di un 'nuovo ulivo', in cui l'aggettivo 'nuovo' mette in rilievo la necessità di introdurre nella coltura nuovi diserbanti, nuovi fertilizzanti e, soprattutto, nuovi innesti. Auguro quindi a Pier Luigi Bersani- continua- che trovi il terreno adatto e il calore sufficiente perché la pianta mediterranea a noi così cara possa vivere abbastanza a lungo da produrre frutti sufficienti a risollevare le sorti dell'Italia".
L'articolo di Prodi parte con un riferimento alle coltivazioni della sua terra. "Si narra (e non è detto che le cose narrate siano sempre vere)- scrive- che, nei registri manoscritti delle aziende agricole dei monasteri della collina bolognese, i proventi per la vendita di olio di oliva costituissero una parte copiosa dei loro introiti durante tutto il quindicesimo secolo. Si narra inoltre che intorno alla fine dello stesso secolo sia avvenuta una piccola glaciazione durata circa dodici anni e che, di conseguenza, a settentrione dell'Appennino (fatta eccezione per il lago di Garda, le colline di Brisighella e qualche altra ristretta isola) la coltivazione dell'ulivo sia totalmente scomparsa e tale sia rimasta fino ad oggi".(AGENZIA DIRE, www.dire.it)
L'articolo di Prodi parte con un riferimento alle coltivazioni della sua terra. "Si narra (e non è detto che le cose narrate siano sempre vere)- scrive- che, nei registri manoscritti delle aziende agricole dei monasteri della collina bolognese, i proventi per la vendita di olio di oliva costituissero una parte copiosa dei loro introiti durante tutto il quindicesimo secolo. Si narra inoltre che intorno alla fine dello stesso secolo sia avvenuta una piccola glaciazione durata circa dodici anni e che, di conseguenza, a settentrione dell'Appennino (fatta eccezione per il lago di Garda, le colline di Brisighella e qualche altra ristretta isola) la coltivazione dell'ulivo sia totalmente scomparsa e tale sia rimasta fino ad oggi".(AGENZIA DIRE, www.dire.it)