Cinque deputati eletti all’estero: questa la rappresentanza parlamentare dei connazionali nel mondo nel ddl costituzionale presentato dal Governo per ridurre il numero dei parlamentari, istituire il Senato Federale e modificare la forma di Governo.
Il ddl è stato assegnato alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, che già da due settimane sta esaminando i disegni di legge presentati in materia da senatori di ogni schieramento.
Ben 32 gli articoli del ddl che porta la firma di Berlusconi e Bossi e che, come ha dichiarato il Presidente del Consiglio, "sarà per il Parlamento un’occasione straordinaria per realizzare una riforma storica".
La riforma costituzionale, così come emerge da questo ddl, prevede una cospicua riduzione del numero dei deputati (da 630 a 250) e dei senatori (da 315 a 250). Si introduce nella Costituzione la previsione che l’indennità parlamentare sia commisurata, almeno in parte, all’effettiva partecipazione ai lavori delle Camere e si istituisce il "Senato federale", composto da senatori (non meno di cinque per ogni regione) eletti, su base regionale, fra gli elettori residenti in quella regione. Possono partecipare all’attività del Senato federale della Repubblica, con diritto di voto, anche altri rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.
La riforma, con la modifica dell’articolo 117 della Costituzione, punta a "fare chiarezza nella ripartizione delle competenze legislative fra Stato e regioni in materie molto delicate come l’energia e le infrastrutture strategiche" e attribuisce al Senato federale la facoltà di promuovere il ricorso in via principale sugli statuti e sulle leggi regionali. Un’ulteriore modifica all’articolo 122 della Costituzione dispone che spetti alla legge dello Stato fissare un tetto al numero di consiglieri regionali e alla loro indennità.
Il testo prevede anche un procedimento legislativo più semplice e tempestivo: "solo per poche e delicate materie (come la revisione costituzionale, la materia elettorale, l’approvazione di bilanci e rendiconti) – si precisa nella relazione di presentazione – si procederà con il sistema bicamerale perfetto; negli altri casi, la competenza sarà o della sola Camera o del solo Senato, con la possibilità per l’altra Camera di richiedere, entro quindici giorni, a maggioranza assoluta, di esaminare il testo approvato. Tale fase di esame può avere una durata massima di trenta giorni. Spetta alla Camera competente decidere in via definitiva sulle modifiche proposte", mentre il Governo potrà "richiedere che l’approvazione di determinati disegni di legge governativi, o fatti propri dal Governo, oppure dichiarati urgenti, avvenga entro trenta giorni".
Per dare più stabilità al Governo si rafforza il ruolo del Presidente del Consiglio, che assume la denominazione di "Primo Ministro": oltre a nominare e revocare i Ministri e i Viceministri, può richiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere, anche indipendentemente dall’approvazione di una mozione di sfiducia. "Il Presidente della Repubblica – si sottolinea nella presentazione del testo – rimane il supremo garante dell’equilibrio fra i poteri, intervenendo nella fase di scioglimento delle Camere, di promulgazione delle leggi e di emanazione degli atti aventi valore di legge e dei regolamenti. Anzi, il suo ruolo di "custode" sarà destinato ad accentuarsi a seguito dell’apertura della rappresentanza parlamentare alle istanze degli enti territoriali. Non vengono modificati composizione e funzionamento della Corte costituzionale".
Il ddl è stato assegnato alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, che già da due settimane sta esaminando i disegni di legge presentati in materia da senatori di ogni schieramento.
Ben 32 gli articoli del ddl che porta la firma di Berlusconi e Bossi e che, come ha dichiarato il Presidente del Consiglio, "sarà per il Parlamento un’occasione straordinaria per realizzare una riforma storica".
La riforma costituzionale, così come emerge da questo ddl, prevede una cospicua riduzione del numero dei deputati (da 630 a 250) e dei senatori (da 315 a 250). Si introduce nella Costituzione la previsione che l’indennità parlamentare sia commisurata, almeno in parte, all’effettiva partecipazione ai lavori delle Camere e si istituisce il "Senato federale", composto da senatori (non meno di cinque per ogni regione) eletti, su base regionale, fra gli elettori residenti in quella regione. Possono partecipare all’attività del Senato federale della Repubblica, con diritto di voto, anche altri rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.
La riforma, con la modifica dell’articolo 117 della Costituzione, punta a "fare chiarezza nella ripartizione delle competenze legislative fra Stato e regioni in materie molto delicate come l’energia e le infrastrutture strategiche" e attribuisce al Senato federale la facoltà di promuovere il ricorso in via principale sugli statuti e sulle leggi regionali. Un’ulteriore modifica all’articolo 122 della Costituzione dispone che spetti alla legge dello Stato fissare un tetto al numero di consiglieri regionali e alla loro indennità.
Il testo prevede anche un procedimento legislativo più semplice e tempestivo: "solo per poche e delicate materie (come la revisione costituzionale, la materia elettorale, l’approvazione di bilanci e rendiconti) – si precisa nella relazione di presentazione – si procederà con il sistema bicamerale perfetto; negli altri casi, la competenza sarà o della sola Camera o del solo Senato, con la possibilità per l’altra Camera di richiedere, entro quindici giorni, a maggioranza assoluta, di esaminare il testo approvato. Tale fase di esame può avere una durata massima di trenta giorni. Spetta alla Camera competente decidere in via definitiva sulle modifiche proposte", mentre il Governo potrà "richiedere che l’approvazione di determinati disegni di legge governativi, o fatti propri dal Governo, oppure dichiarati urgenti, avvenga entro trenta giorni".
Per dare più stabilità al Governo si rafforza il ruolo del Presidente del Consiglio, che assume la denominazione di "Primo Ministro": oltre a nominare e revocare i Ministri e i Viceministri, può richiedere al Presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere, anche indipendentemente dall’approvazione di una mozione di sfiducia. "Il Presidente della Repubblica – si sottolinea nella presentazione del testo – rimane il supremo garante dell’equilibrio fra i poteri, intervenendo nella fase di scioglimento delle Camere, di promulgazione delle leggi e di emanazione degli atti aventi valore di legge e dei regolamenti. Anzi, il suo ruolo di "custode" sarà destinato ad accentuarsi a seguito dell’apertura della rappresentanza parlamentare alle istanze degli enti territoriali. Non vengono modificati composizione e funzionamento della Corte costituzionale".