Industria a rischio estinzione al Sud: delle 533 mila unità perse in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281mila sono nel Mezzogiorno dove pur essendo presenti meno del 30% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite di lavoro causa crisi. A lanciare l'allarme è il Rapporto Svimez 2011.
Incide in questa area, infatti, più che altrove, dice ancora Svimez, "il calo fortissimo dell'occupazione industriale (meno 120mila addetti, che vuol dire quasi il 15% di calo, che diviene il 20% in Campania)". E per uscire dall'impasse il Rapporto indica alcune priorità, a cominciare dalla fiscalità di vantaggio passando per il rilancio delle infrastrutture fino allo sfruttamento della geotermia.
E in un "Mezzogiorno in recessione, che continua a crescere meno del Centro-Nord, dove lavora ufficialmente meno di un giovane su tre e dove il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 25%", si rischia un vero e proprio ''tsunami demografico". "Si trasformerà nel corso del prossimo quarantennio in un'area spopolata, anziana, ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese".
"Nei prossimi venti anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, nel Centro-Nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Nel 2050 gli under 30 al Sud passeranno dagli attuali 7 milioni a meno di 5, mentre nel Centro-Nord tale saranno sopra gli 11 milioni", dice ancora Svimez. "La quota di over 75 sulla popolazione complessiva passerà al Sud dall'attuale 8,3% al 18,4% nel 2050, superando il Centro-Nord dove raggiungera' il 16,5%". Le cause? "Bassa natalità, bassissima attrazione di stranieri, emigrazione verso il Centro-Nord e l'estero".
In dieci anni, dal 2000 al 2009, circa 600mila lavoratori hanno abbandonato il Sud.
Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 13,4% al Sud e del 6,4% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Ma il tasso di disoccupazione "corretto" per lo Svimez schizza al 25,3%: il dato ufficiale, infatti, si legge, " rileva una realtà in parte alterata": "la zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% (ufficiale: 6,4) e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2010 dal 13,4% al 25,3% (era stimato nel 23,9% nel 2009).
E la vera e propria emergenza è tra i giovani. Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (nel 2009 era del 33,3%): praticamente al Sud lavora meno di un giovane su tre. Situazione drammatica per le giovani donne, ferme nel 2010, al 23,3%, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5%). E' come , prosegue il rapporto, "se la debolezza sul mercato del lavoro, legata in tutto il Paese alla condizione giovanile, al Sud si protraesse ben oltre l'età in cui ragionevolmente si può parlare di giovani. Dal 'brain drain', cioè dalla ''fuga dei cervelli'', il drenaggio di capitale umano dalle aree deboli verso le aree a maggiore sviluppo, siamo ormai passati al brain waste, lo 'spreco di cervelli', una sottoutilizzazione di dimensioni abnormi del capitale umano formato che non trova neppure più una valvola di sfogo nelle migrazioni". In crescita anche gli 'inattivi' che tra il 2003 e il 2010 gli inattivi in eta' da lavoro sono cresciuti di oltre 750 mila unità.
Incide in questa area, infatti, più che altrove, dice ancora Svimez, "il calo fortissimo dell'occupazione industriale (meno 120mila addetti, che vuol dire quasi il 15% di calo, che diviene il 20% in Campania)". E per uscire dall'impasse il Rapporto indica alcune priorità, a cominciare dalla fiscalità di vantaggio passando per il rilancio delle infrastrutture fino allo sfruttamento della geotermia.
E in un "Mezzogiorno in recessione, che continua a crescere meno del Centro-Nord, dove lavora ufficialmente meno di un giovane su tre e dove il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 25%", si rischia un vero e proprio ''tsunami demografico". "Si trasformerà nel corso del prossimo quarantennio in un'area spopolata, anziana, ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese".
"Nei prossimi venti anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, nel Centro-Nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Nel 2050 gli under 30 al Sud passeranno dagli attuali 7 milioni a meno di 5, mentre nel Centro-Nord tale saranno sopra gli 11 milioni", dice ancora Svimez. "La quota di over 75 sulla popolazione complessiva passerà al Sud dall'attuale 8,3% al 18,4% nel 2050, superando il Centro-Nord dove raggiungera' il 16,5%". Le cause? "Bassa natalità, bassissima attrazione di stranieri, emigrazione verso il Centro-Nord e l'estero".
In dieci anni, dal 2000 al 2009, circa 600mila lavoratori hanno abbandonato il Sud.
Nel 2010 il tasso di disoccupazione registrato ufficialmente è stato del 13,4% al Sud e del 6,4% al Centro-Nord, a testimonianza del permanente squilibrio strutturale del nostro mercato del lavoro. Ma il tasso di disoccupazione "corretto" per lo Svimez schizza al 25,3%: il dato ufficiale, infatti, si legge, " rileva una realtà in parte alterata": "la zona grigia del mercato del lavoro continua ad ampliarsi per effetto in particolare dei disoccupati impliciti, di coloro cioè che non hanno effettuato azioni di ricerca nei sei mesi precedenti l'indagine. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% (ufficiale: 6,4) e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2010 dal 13,4% al 25,3% (era stimato nel 23,9% nel 2009).
E la vera e propria emergenza è tra i giovani. Nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (nel 2009 era del 33,3%): praticamente al Sud lavora meno di un giovane su tre. Situazione drammatica per le giovani donne, ferme nel 2010, al 23,3%, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5%). E' come , prosegue il rapporto, "se la debolezza sul mercato del lavoro, legata in tutto il Paese alla condizione giovanile, al Sud si protraesse ben oltre l'età in cui ragionevolmente si può parlare di giovani. Dal 'brain drain', cioè dalla ''fuga dei cervelli'', il drenaggio di capitale umano dalle aree deboli verso le aree a maggiore sviluppo, siamo ormai passati al brain waste, lo 'spreco di cervelli', una sottoutilizzazione di dimensioni abnormi del capitale umano formato che non trova neppure più una valvola di sfogo nelle migrazioni". In crescita anche gli 'inattivi' che tra il 2003 e il 2010 gli inattivi in eta' da lavoro sono cresciuti di oltre 750 mila unità.