22 maggio 2011

Ministeri al Nord, Bossi: avanti tutta, conta il sì di Berlusconi. Alemanno furioso: così salta tutto

E' polemica nel centrodestra sullo spostamento a Milano di due ministeri, annunciato dalla Lega di Umberto Bossi come carta da spendere per rimontare al prossimo ballottaggio elettorale, dopo l'inaspettata debacle del primo turno.Dopo la levata di scudi di esponenti come il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la Governatrice Renata Polverini, arriva lo stop ufficiale del Pdl alla proposta leghista, firmato dai capigruppo delle Camere, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. "Il rapporto fra l'attività di governo e il territorio può essere affrontato in modo positivo con conferenze periodiche fatte a Milano e a Roma fra i ministri economici e delle Infrastrutture con i presidenti di Regione e i sindaci dei Comuni capoluogo''.
In questo modo ''si possono evitare - spiegano i capigruppo nella nota - i complessi problemi istituzionali che il decentramento di alcuni ministeri può porre e invece affrontare positivamente quello del rapporto fra i ministeri stessi e le realtà territoriali".


Frena anche il Governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. ''Spostare uno o due ministeri al Nord qualche vantaggio lo porterebbe. Ma mi sembra molto complesso da realizzare. E poi non è la richiesta più pressante dei nostri imprenditori e dei nostri ceti produttivi".
Ma la Lega tira dritto, facendo conto sulla disponibilità al decentramento data sabato dal premier Silvio Berlusconi. "Berlusconi a noi ha già detto di sì: parola data non torna indietro", ha tagliato corto il leader della Lega Umberto Bossi dal gazebo allestito dal Carroccio a via Farini, proprio per dare il via ad una raccolta di firme sul trasloco di due ministeri al Nord. "A Milano verranno i ministeri", assicura il Senatur.
"Non mi interessa che molti del Pdl non sono d'accordo è d'accordo Berlusconi quindi i ministeri verranno a Milano. D'altra parte il ministro sono io. Io e Calderoli siamo due ministri che firmeranno per portare a Milano, a casa nostra, giustamente un po' di ministeri". E portare a Milano i ministeri "vuol dire creare posti di lavoro. Per questo li vuole Roma". Bossi bacchetta poi il Governatore Formigoni che non si è dimostrato entusiasta della proposta leghista. "Formigoni stia zitto. Formigoni è presidente della Lombardia per i voti della Lega. Se non li vuole almeno stia zitto". Anche se ''non ci credo che dica no ai ministeri in Lombardia perché Milano ci guadagnerebbe troppo per dire di no".
Passando al ballottaggio di Milano, Bossi va all'attacco del candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia. E dopo avergli dato del ''matto'', salvo poi smentire, ancora una volta non usa eufemismi. ''Tagliarsi le balle per Pisapia sarebbe un errore imperdonabile. Pisapia ci riempie Milano di zingari e clandestini. Diventa zingaropoli".
Le parole del Senatur scatenano la reazione furiosa del sindaco di Roma Gianni Alemanno. ''L’unica parola data che conta - replica il primo cittadino - è quella nei confronti degli elettori. Nel programma elettorale del centrodestra non è mai stato inserito lo spostamento dei ministeri. Quindi compiere questo atto, tra l’altro senza neppure un voto parlamentare, sarebbe una violazione del mandato elettorale che rimette in discussione ogni equilibrio e ogni intesa''. E poi, spiega ancora, ''siamo sempre di fronte a balle perché oggi si parla di spostare solo ministeri senza portafoglio con solo qualche decina di dipendenti''. In conclusione, Alemanno lancia un ''avviso ai naviganti: Roma questa cosa non l’accetta''.
Da parte sua l'opposizione liquida come uno ''sciagurato spot elettorale'' l'ipotizzato trasloco. '''Il presidente del Consiglio non sa più cosa inventarsi per rimediare alla valanga che gli è crollata addosso - dice il portavoce dell'Idv, Leoluca Orlando - Tutti sanno, infatti, che il trasferimento di strutture e personale comporta un peso ulteriore sulle casse dello Stato. E in questo momento di grave crisi economica sarebbe dannosissimo per il Paese''. Ironica la presidente del Pd, Rosy Bindi: Che "i ministeri entrino in questo modo nella campagna elettorale" e' la prova che il premier è ''ridotto come Totò a vendere Fontana di Trevi pur di tenere in piedi una maggioranza agonizzante''