In Italia un quarto della popolazione e' a rischio di poverta' o di esclusione (24,7%), un valore piu' elevato della media europea (23,1%). Lo sottolinea il ''Rapporto annuale sulla situazione del Paese nel 2010'' diffuso dall'Istat. La Strategia Europa 2020 promuove l'inclusione sociale, puntando a far uscire almeno 20 milioni di persone dal rischio di poverta' o di esclusione, una condizione che oggi in Europa interessa 114 milioni di persone (15 milioni solo in Italia, che nel Pnr si pone l'obiettivo di ridurle di 2,2 milioni). Gli indicatori individuati per monitorare tale obiettivo sono tre: le persone a rischio di poverta' dopo i trasferimenti sociali; le persone in situazione di grave deprivazione materiale; le persone che vivono in famiglie a intensita' lavorativa molto bassa. Dalla loro sintesi deriva un indicatore complessivo che misura la quota di persone che sperimentano almeno una delle condizioni descritte.
In particolare, nell'Unione europea le persone a rischio di poverta' (dopo i trasferimenti sociali) sono il 16,3 per cento, in Italia il 18,4. Le posizioni di maggior svantaggio sono quelle di Lituania, Bulgaria e Romania (piu' di una persona su cinque) e Lettonia (25,7 per cento). Per quanto riguarda l'indicatore di grave deprivazione, questo conferma la peggiore condizione di Ungheria e Lettonia e, soprattutto, di Romania e Bulgaria (piu' di un terzo della popolazione). I paesi con un elevato valore dell'indicatore di rischio di poverta' associato a un ridotto valore per quello di grave deprivazione presentano una marcata disuguaglianza nella distribuzione del reddito, ma standard di vita accettabili anche per i piu' poveri (Estonia, Spagna e Regno Unito). E' anche il caso dell'Italia, dove nel 2009 le persone gravemente deprivate sono circa il 7 per cento. Al contrario, un ridotto valore del rischio di poverta' associato a un'elevata deprivazione (Ungheria e Slovacchia) segnala una contenuta disuguaglianza nella distribuzione del reddito, ma notevoli difficolta' per le persone con i redditi piu' bassi.In Italia l'8,8 per cento delle persone di eta' inferiore ai 60 anni (il 6,6 per cento della popolazione totale) vive in una famiglia a intensita' lavorativa molto bassa, valore prossimo alla media Ue (9,0 per cento). I livelli piu' elevati si registrano in Irlanda (circa un quinto della popolazione di riferimento), Regno Unito (12,6 per cento) e Belgio (12,3 per cento). Pur considerando le situazioni critiche sopra descritte, sono 13 i paesi dell'Unione dove l'incidenza dell'indicatore e' contenuta (inferiore al 7 per cento), con Cipro e Repubblica Ceca nelle posizioni meno svantaggiate. A livello territoriale i differenziali appaiono consistenti fortemente a sfavore del Mezzogiorno, dove la quota delle persone che si trovano contemporaneamente nelle tre condizioni di rischio considerate dalla Strategia Europa 2020 e' superiore al 2 per cento (circa 469 mila individui).Nelle regioni meridionali, dove risiede circa un terzo della popolazione nazionale, vive il 57 per cento delle persone a rischio di poverta' o esclusione (in almeno una condizione di disagio) e il 77 per cento di quelle con tutti e tre i sintomi (rispettivamente 8,5 milioni e 469 mila individui).Le situazioni piu' gravi si riscontrano in Sicilia, dove i tre indicatori assumono i valori massimi: il 39,9 per cento dei residenti e' a rischio di poverta', il 18,8 per cento e' in grave deprivazione e il 15,7 per cento vive in famiglie a bassa intensita' lavorativa. I valori sono elevati anche in Calabria e Campania. Da segnalare la Puglia, per il dato riferito alla grave deprivazione (10,7 per cento) e la Basilicata per quello relativo alla bassa intensita' lavorativa (14,0 per cento). Le persone anziane sole, quelle che vivono in famiglie con tre o piu' figli, in quelle con membri aggregati o dove e' presente un solo genitore presentano i livelli piu' elevati di rischio di poverta' ed esclusione: oltre un terzo degli appartenenti a questi gruppi si trova almeno in una delle condizioni di rischio considerate dalla Strategia.