Per la prima volta da trent'anni la produzione scientifica in Italia smette di crescere e da' segnali di arretramento. Lo fa in termini relativi, come quota percentuale dell'intera produzione mondiale, e in termini assoluti, come numero di articoli scientifici pubblicati. E'l'istantanea di un punto di rottura, quella che emerge daun'analisi, appena pubblicata da Research Policy a firma di Cinzia Daraio dell'Universita' di Bologna e di Henk Moed dell'Universita' di Leiden (Paesi Bassi).Il primo campanello d'allarme è del 2004. Per la prima volta, spiega una nota dell'Universita' di Bologna, l'Italia non riesce a bissare il livello di pubblicazioni scientifiche dell'anno precedente. Poi una sequela di ribassi fino al 2009, ultimo anno di cui conosciamo i dati, che fisserà a 52.496 studi pubblicati e al 3,5% il contributo italiano al totale della ricerca mondiale
Certamente il Belpaese sconta, come gli altri Stati europei, la concorrenza agguerrita di Paesi emergenti come India, Brasile e Cina. Quest'ultima in 15 anni quadruplica le sue prestazioni, superando di slancio l'Italia (1999), la Francia (2002), la Germania (2005) e infine il Regno Unito (2006). Ma se barcolliamo anche sui numeri, specifica il comunicato, assoluti, significa che il problema è anche interno.
Siamo fanalino di coda per numero di ricercatori rispetto alla popolazione (meta' della Spagna e un terzo della Gran Bretagna), ma il primo per loro produttività individuale. Lo chiamano 'effetto di compensazione': per bilanciare i minori investimenti i ricercatori italiani si sono arrangiati e c'hanno messo del loro.
L'Universita' di Bologna spiega poi che pur con un esiguo e stabile numero di ricercatori per mille abitanti (0,7: il piu' basso appunto) e uno smilzo 0,5 per cento di Pil investito in ricerca pubblica (solo la Spagna peggio di noi, ma ora minaccia il sorpasso) per 25 anni abbiamo mantenuto trend in crescita per produzione scientifica e qualità della ricerca. (AGENZIA DIRE, www.dire.it)
Siamo fanalino di coda per numero di ricercatori rispetto alla popolazione (meta' della Spagna e un terzo della Gran Bretagna), ma il primo per loro produttività individuale. Lo chiamano 'effetto di compensazione': per bilanciare i minori investimenti i ricercatori italiani si sono arrangiati e c'hanno messo del loro.
L'Universita' di Bologna spiega poi che pur con un esiguo e stabile numero di ricercatori per mille abitanti (0,7: il piu' basso appunto) e uno smilzo 0,5 per cento di Pil investito in ricerca pubblica (solo la Spagna peggio di noi, ma ora minaccia il sorpasso) per 25 anni abbiamo mantenuto trend in crescita per produzione scientifica e qualità della ricerca. (AGENZIA DIRE, www.dire.it)