
Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella piu' grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio competente costituito presso la corte d'appello di Milano. Erano in gioco due interessi o ''beni'' entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi.Non si puo' negare che si tratti di ''beni'' egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico.Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell'opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere - neppure in Lombardia - ''per abbandono dell'avversario'' o ''a tavolino''. E si era anche da piu' parti parlato della necessita' di una ''soluzione politica'': senza peraltro chiarire in che senso cio' andasse inteso. Una soluzione che fosse cioe' ''frutto di un accordo'', concordata tra maggioranza e opposizioni? Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di la' delle polemiche su errori e responsabilita' dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realta', sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor piu' in clima elettorale: difficili per tendenze all'autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilita' dall'altra parte''.